Nota a Plauto Capt. 201
(Salesianum, 71 (2009): pp. 341-348)
Sommario: Ispirandosi alla congettura di F. Leo, l’autore ha avanzato quattro nuove pro-poste per emendare il corrotto verso 201 dei Captiui di Plauto: eiulatione haud opus est, multa oculis multum ira elutis/elotis (lotis)/clusis/elisis.
Abstract: Following F. Leo’s conjecture, the author proposes four corrections to emendate the corrupt line 201 of Captiui: eiulatione haud opus est, multa oculis multum ira elutis/elotis (lotis)/clusis/elisis.
Il v. 201 dei Captiui si legge al momento in cui Tindaro e Filocrate piangono a gran voce per essere caduti in schiavitù, e i lorarii di Egione cercano di confortarli:[1]
LOR. Nunc seruitus si euenit, ei uos morigerari mos bonust, 198
† Eamque [et erili imperio] ingeniis uostris lenem reddere.
Indigna digna habenda sunt, erus quae facit.
CAPT. Oh! oh! oh!
LOR. Eiulatione haud opus est ; † multa oculis multa miraclitis †. 201
In re mala animo si bono utare, adiuuat.
Nel passato numerosissimi studiosi hanno cercato di sanare il secondo emistichio del v. 201.[2] Ispirandoci alla congettura di F. Leo, l’unico studioso che abbia pensato all’abla-tivo assoluto per emendare il verso corrotto, abbiamo avanzato quattro nuove proposte congetturali:
1. eiulatione haud opus est, multa oculis multum ira elutis
2. eiulatione haud opus est, multa oculis multum ira elotis
3. eiulatione haud opus est, multa oculis multum ira clusis
4. eiulatione haud opus est, multa oculis multum ira elisis
Queste quattro congetture presentano parecchi punti comuni: 1) sul piano paleo-grafico sono corrette soltanto tre lettere; multa miraclitis vengono divise in tre parole; il primo multa, espunto da numerosi studiosi, viene conservato;[3] 2) il metro del v. 201 è ottonario trocaico;[4] 3) oculis elutis/elotis/clusis/elisis è ablativo assoluto; multa ira ablati-vo di causa nelle prime due proposte, piuttosto di agente nella terza e nella quarta; 4) c’è un iperbato multa (oculis multum) ira, figura retorica che compare già nel primo verso dei Captiui: hos (quos uidetis stare hic) captiuos duos; c’è anche un poliptoto multa multum. Parlando del poliptoto, J. B. Hofmann e A. Szantyr così osservano: “Nella paratassi lessica-le con gli aggettivi sono specialmente i diversi casi di omnis e multus a essere di preferenza combinati, al fine di ottenere un’espressione quanto più ampia è possibile”.[5] Cfr. Trin. 68: malis te ut uerbis multis multum obiurigem; Capt. 328: multa multis saepe suasit perperam; Cist. 288, 294: multos cum multis; Mil. 1287: uerum quom multos multa admisse acceperim; Poen. 360: bene promittis multa ex multis; Rud. 400: nam multa praeter spem scio multis bona euenisse.
Adesso esaminiamo riprendendole una per volta queste quattro congetture.
1. Multa oculis multum ira elutis
Con elutis, cioè eluo, la traduzione del v. 201 risulterebbe la seguente: “essendo stati i vostri occhi troppo lavati a causa di una forte ira, non c’è bisogno di tale lamentazione”. È sottinteso il complemento di agente, che è ovviamente “le lacrime”.[6]
Eluo si legge nove volte in Plauto, una volta nei Captiui: iuben an non iubes astitui aulas, patinas elui (v. 846).[7]
La voce ira, che risulta dalla nostra nuova divisione di parole, potrebbe essere giusti-ficata dalle urla oh, oh, oh dei due prigionieri e da eiulatione,[8] nonché dal contesto: il cadere in schiavitù può accendere naturalmente in un ἐλεύθερος una multam iram.[9] Si noti inoltre che multa ira è ablativo semplice, poiché si tratta di una causa interna, cioè riguardante l’animo. E il v. 202 si legge – appunto –: in re mala animo si bono utare, adiuuat.[10] Fra multa ira e animo bono ci sarebbero una opposizione nel significato[11] e un parallelismo nella forma – stesso caso, stessa figura retorica (iperbato).
2. Multa oculis multum ira elotis
Con elotis, cioè elauo, il senso del v. 201 non si discosta da quello reso con elutis: “essendo stati i vostri occhi troppo bagnati a causa di una forte ira, non c’è bisogno di tale lamentazione”.
Plauto usa sette volte elauo (comprese le lezioni incerte).[12] Una forma del participio passato si verifica nel v. Trin. 406: comessum, expotum, exu<nc>tum, elotum in balineis.[13] Vista la lezione mira litis di J (Londinensis, saec. xii in.), proponiamo una variante di elotis:
multa oculis multum ira lotis
Lauere e lauare nell’insieme sono usati più frequentemente da Plauto; diverse forme del part. pass. si verificano in numerosi versi; nei Captiui si legge lauare nel v. 953: uos lauate interini.[14]
È lecito notare che spesso il Poeta usa sia eluo, sia elauo, sia lauo per creare un effetto comico, come nel v. 201 da noi emendato.[15]
3. Multa oculis multum ira clusis
Con clusis, cioè cludo (claudo), il v. 201 si tradurrebbe: “essendo stati i vostri occhi troppo chiusi dalla forte ira, non c’è bisogno di tale lamentazione”.
Occorre notare che clusis si presenta qui con i suoi due sensi, sia quello proprio, sia quello figurato:[16] 1) sulla scena i due prigionieri, mentre piangono a gran voce, potrebbero chiudere gli occhi per sfogare meglio la loro emozione; 2) l’ira acceca gli occhi della mente (mentis oculi[17]). Così interpretato, il v. 201 concorderebbe meglio con il v. 202, nel quale si sente la presenza di un proverbio.
L’uso di cludo in Plauto è attestato da tre lezioni, ma tutte incerte: Bacch. 375: conclusa B : conclusi C : clusa D; Cas. 132: concludere BVEJ : noncludere A ut uid.; Cis. 263: claudito A.[18]
4. Multa oculis multum ira elisis
Con elisis, cioè elido, il v. 201 suonerebbe: “avendo la forte ira fatto schizzare troppo i vostri occhi dalle orbite, non c’è bisogno del pianto a gran voce”.[19]
Elido si legge quattro volte (comprese le lezioni incerte) in Plauto.[20] Citiamo qui il v. Rud. 659: iube oculos elidere, itidem ut sepiis faciunt coqui.
Per queste quattro congetture non sarebbe difficile spiegare la genesi della corruttela: la corruzione da multum in multa sarebbe dovuta a una assimilazione; di conseguenza, l’erronea divisione delle ultime parole, complicata dalla confusione di alcune lettere,[21] avrebbe generato un verso “irrimediabilmente corrotto”.[22]
Infine invitiamo a rileggere il v. 201 – insieme con il v. 202 – da noi diversamente emendato:
eiulatione haud opus est, multa oculis multum ira elutis/elotis (lotis)/clusis/elisis.
in re mala animo si bono utare, adiuuat.
Post-scriptum
In un primo tempo avevamo cercato di conservare il nesso multa mira, correggendo il v. 201 in questa maniera:
[multa] oculis multā mirā elutis/elotis (lotis)/clusis/elisis
Il metro è sempre ottonario trocaico. Ma sembra difficile definire il senso di multā mirā:[23] per scontare una pena pecuniaria stupenda (?) facendo sprizzare le dacrumas (lacrumas) come drachumas, quindi oculis elutis/elotis (lotis)? Oppure, non meno sforzato, “come una punizione stupenda (?)”, quindi oculis clusis/elisis?[24]
Il gioco di parole su dacruma (lacruma) e drachuma si presenta infatti in Plauto, nei vv. Pseud. 100-101:
nisi tu illi drachumis fleueris argenteis,
quod tu istis lacrumis te probare postulas.
In questo passo sembra evidente la paronomasia drachumis e lacrumis.[25] Se con multā mirā il Poeta volesse architettare nel v. 201 una identica figura retorica, questa non sarebbe troppo implicita per poter essere facilmente percepita dal pubblico?
Per risolvere tale problema, abbiamo pensato di correggere elisis in elidis, cioè:
eiulatione haud opus est: [multa] oculis multă miră elidis [26]
Allora multă miră diventa accusativo neutro plurale, complemento oggetto di elidis. Il v. 201 così emendato si interpreterebbe: “non c’è bisogno del pianto a gran voce: dai tuoi occhi fai sprizzare – inutilmente – tante cose meravigliose (allusione ironica alle lacrime)”.[27]
Il singolare di elidis non sarebbe inspiegabile, anche se Tindaro e Filocrate ambedue piangono:[28] al momento del primo incontro con i lorarii di Egione, Tindaro, essendo servo fedele, potrebbe mettersi davanti a Filocrate per proteggere il suo padroncino. Quindi egli, da solo, sarebbe il destinatario diretto della battuta ironica. Infatti, è proprio Tindaro che risponderà: at nos pudet, quia cum catenis sumus (v. 203).
Oppure, seguendo il codice F, Pylades e Gulielmius,[29] si potrebbe ipotizzare:
[multa] oculis multă miră cudis [30]
E cioè: “tu (Tindaro), con gli occhi coni tante cose – drachumas → dacrumas (lacrumas) – meravigliose”. Il verbo cudo potrebbe rendere più percepibile l’ipotetica paronomasia, che rimane comunque implicita.
Sul piano paleografico sarebbe più seducente alitis, cioè alo:[31]
multă oculis multā mirā alitis
Il primo multă è di uso poetico come avverbio.[32] Per il penultimo elemento bisillabico cfr. il v. Epid. 526, già citato nella nota 4.[33] Tale intervento risulterebbe come il più economico che si possa immaginare; viene conservata anche interamente l’allitterazione del verso tràdito. Però, oltre al problema riguardante il primo multă, il senso è comunque molto sforzato: “gli occhi essendo stati troppo nutriti – o in senso figurato ingrossati (gonfiati) (?) – a causa di una multa stupenda (?) che pagate con drachumis (dacrumis)”? Meno inspiegabile sarebbe il considerare alitis non come participio ma come indicativo alla 2a pers. plur., e multă miră accusativo neutro. Metri causa si dovrebbe leggere:
multă oculis multi miră alitis [34]
La traduzione sarebbe: “voi con gli occhi annaffiate (?) abbondantemente tante cose meravigliose”. Ma questo senso non è spiegabile che parzialmente: senza parlare del senso di alitis, se multă è accettabile, che cosa si deve intendere per multă miră? Perché miră?[35]
Dopo diversi tentativi falliti, ci siamo resi conto che il conservare multa mira è un compito davvero difficile, se non impossibile, anche se volevamo essere più fedeli possibile alla tradizione manoscritta. Perciò, questo post-scriptum non sarebbe del tutto inutile.
Note:
[1] Tutti i versi plautini citati seguono A. Ernout (ed.), Plaute. Comédies, Paris 1932-1961. F. Schoell ci ha fornito più informazioni sulla tradizione manoscritta del v. 201: “multa oculis multa miraclitis libri, nisi quod mira clitis uel ditis D, mira litis J ex ras., mira dicis Z, mira cuditis F” (F. Schoell (ed.), T. Macci Plauti Captiui, Lipsiae 1887, p. 20).
[2] Le congetture precedenti, secondo quanto è a noi noto, sono ben 25 (!): multa oculis multa mira dicis (Merula, nell’editio princeps); multa oculis multa misera editis (Saracenus); oculis multa misera cuditis (Pylades, “ex cod. ant.”); multa oculis multam miseriam additis (Camerarius); oculis multam miseriam additis (Lambinus); multa oculis multam miseriam coadditis (Acidalius); oculis multam miseri accuditis (Gulielmius); oculis multam miseri additis (Ekius); multas oculos multa Heraclitei (Pareus); multam oculis modo irrogatis (Gronovius); oh, oh, oh! :: eiulationes haud est opus./multam oculis multam iniuriarum (o miseriai) edicitis (Bothius); oculis multa mira cernitis (Geppertus); oculis lamenta editis (Brixius); oculis multam iram editis (Kienius, Crainius); oculis multam miram dicitis (Vssingius); oculis melius parcitis (Spengelius); oh, oh, oh! :: eiulationes haud opus est: multabo bolis/oculos si multum raditis (Schoell); oculis haud lacrimantibus (Leo); oculis aciem minuitis (Niemeyer); oculis multa mira aitis (Lindsay); oculis multa misera aitis (Lindsay); multa oculis muti aitis (?) (Lindsay); oculis multum irascitis (Vollmer); mala malis ultro additis (Havet). Sembra che nessuna di queste congetture sia riuscita ad imporsi come risolutiva. N. Scarano ha addirittura affermato che “fra le emendazioni proposte per cavarne qualcosa di plausibile, non c’è da scegliere” (N. Scarano (ed.), T. Maccio Plauto. Captiui, Milano 1931, p. 31).
[3] Cfr. supra le note 1 e 2.
[4] Per la sinalefe mult(ā) ŏcŭlis cfr. Merc. 65: mult(ō) ŏpere inmundo rustico se exercitum; vedi anche Epid. 526: siquid est homini miseriarum | quōd mĭsĕrescat miser ex animo, che è anch’esso ottonario trocaico, con un dattilo alla quinta sede.
[5] J. B. Hofmann - A. Szantyr, Stilistica latina, a cura di A. Traina, trad. di C. Neri, Bologna 2002, p. 42.
[6] Cfr. Pseud. 10: tabellas […] lacrumis lauis. Plauto ama molto scherzare con le lacrime. Cfr. Asin. 533, Cist. 58, Merc. 591, 870, Pseud. 76, ecc.
[7] Cfr. G. Lodge, Lexicon Plautinum, Lipsiae 1904-1933, t. i, p. 488.
[8] Cfr. Iuuen. 1, 168: inde irae et lacrimae.
[9] Per l’uso di ira in Plauto cfr. G. Lodge, op. cit., t. i, p. 822. Vedi anche le congetture di Kienius, Crainius e Vollmer, nonché Asin. 451: ita iracundia obstitit oculis.
[10] Cfr. anche il vicino v. 196: decet id pati animo aequo.
[11] Cfr. Bacch. 612: iracundo animo; Truc. 603: nunc ego meos animos uiolentos meamque iram ex pectore iam promam; Hor. Epist. 1, 2, 62-63: ira furor breuis est; animum rege, qui nisi paret, / imperat, hunc frenis, hunc tu compesce catena.
[12] Cfr. G. Lodge, op. cit., t. i, p. 486.
[13] Elotum BCD : elutum A (seguiamo sempre l’apparato critico di Ernout). Lodge accoglie Trin. 406 anche sotto il lemme eluo.
[14] Cfr. G. Lodge, op. cit., t. i, pp. 882-883. Tutte le forme del part. pass. sono di lauere; però, l’ortografia è sempre laut- invece di lot-.
[15] Cfr. eluo: Poen. 199, Rud. 579-580, Stich. 670; elauo: Asin. 135, Rud. 579, Trin. 406; lauo: Mil. 787, 1001, Pseud. 10, ecc.
[16] Cfr. Ou. Met. 3, 503: lumina mors (altra lez. nox) clausit.
[17] Cfr. Cic. Orat. 101: mentis oculis uidere possumus; Cic. N. D. 1, 19: oculis animi intueri potuit; Ou. Met. 15, 64: oculis ea pectoris hausit, ecc.
[18] Per l’uso di concludo in Plauto cfr. G. Lodge, op. cit., t. i, pp. 289-290.
[19] Cfr. Cas. 391: at tu ut oculos emungare ex capite per nasum tuos. In questo verso lo scherzo con gli occhi è ancora più esagerato; lo è anche l’iperbato.
[20] Cfr. G. Lodge, op. cit., t. i, p. 486.
[21] È superfluo dire che l’erronea divisione di parole è fra gli errori più banali in molti manoscritti. Soltanto nei Captiui incontriamo un tale errore nei vv. 106: tranquillaui gratiis B : -la uigratus V1 -la ingratiis D -la ingratus E; 120: non uidere VEJ : Noui de re B nouidere D; 259: aequomst uitio Camerarius (-quom est) : equom stulcio (-tio) codd.; 393: memini tamen B corr. : meminit amen B1DV1E; 580: se umquam B : eum quam VE eum quisquam J, ecc.
[22] G. Augello (ed.), Le commedie di Tito Maccio Plauto, Torino 1968-1972, t. i, p. 444.
[23] Per l’uso di multa, -ae in Plauto cfr. Asin. 801, Capt. 494: irrogabo multam, Rud. 20, Stich. 727. Lodge accoglie la congettura di Ussing sotto il lemma multa (t. ii, p. 94). Vedi anche le congetture di Gulielmius, Ekius, Gronovius, ecc. Accanto al v. 201 corrotto suona così la traduzione di G. Vitali: “pagherete una multa se sciupate / gli occhi così” (G. Vitali (ed.), T. Maccio Plauto. Commedie, Bologna 1965, t. ii, p. 227).
[24] Cfr. il lemma mŭlta, -ae in A. Ernout - A. Meillet, Dictionnaire étymologique de la langue latine : histoire des mots, Paris 19513, p. 744: “Dérivés: multō, -ās (et multitō, Cat.): frapper d’une amende; puis, dans la l. commune, priver quelqu’un de quelque chose par punition”. Allora oculis clusis/elisis potrebbe significare il privare della vista come una punizione? Cfr. Amph. 852: numquid causam dicis, quin te hoc multem matrimonio?, “[…] con l’annullare questo matrimonio” (G. Vitali, ed. cit., t. iii, p. 157). Si noti che Lodge accoglie la congettura di Schoell sotto il lemma multo (t. ii, p. 95).
[25] Cfr. A. Ernout, ed. cit., t. vi, p. 21.
[26] Cfr. Trin. 289: lacrumas haec mihi, quom uideo, eliciunt.
[27] Cfr. Cic. Rep. 5, 9 (K. Ziegler, ed. Teubneriana, p. 119).
[28] Cfr. la congettura di G. Merula: multa mira dicis.
[29] Pylades e Gulielmius nelle loro congetture hanno usato rispettivamente cuditis (lezione di F) e accuditis: coniare (moneta). Hanno pensato anch’essi alla paronomasia dacruma (lacruma) e drachuma?
[30] Cfr. Most. 892 (cudere plumbeos nummos), Merc. 432 (tris minas accudere).
[31] Per l’uso di alo in Plauto cfr. G. Lodge, op. cit., t. i, p. 99.
[32] Cfr. Verg. Georg. 4, 300-301: et spiritus oris / multa reluctanti obsuitur; Verg. Aen. 3, 610: haud multa moratus, ecc. L’uso poetico di multă come avverbio non si verifica in Plauto. Nel caso contrario, si potrebbe correggere il v. 201 anche in questo modo: multă oculis multā irā elutis/elotis (lotis)/clusis/elisis.
[33] Cfr. C. Questa, Introduzione alla metrica di Plauto, Bologna 1967, p. 186.
[34] Cfr. Rud. 381: ut multi fecit, “stimar molto” (L. Castiglioni - S. Mariotti, Vocabolario della lingua latina, [Torino] 1966 [19963], p. 811).
[35] Il concetto di “tante parole”, “tante cose” (multă) si intravede in alcune traduzioni italiane: “troppo, già troppo dite con gli occhi” (M. Scàndola (ed.), Tito Maccio Plauto. Tutte le commedie, Milano 1953-1956, t. i, p. 288; la traduzione di Scàndola è stata ripresa in C. Questa - G. Paduano - M. Scàndola (edd.), T. Maccio Plauto. I prigionieri, Milano 1996 [20002], p. 111); “è già troppo quello che dite con gli occhi” (G. Augello, ed. cit., t. i, p. 445). Sembra che queste due traduzioni si basino sulla congettura di Lindsay: oculis multa mira aitis – Augello l’ha citata nella sua edizione – , ma i due traduttori non hanno usato – di proposito? – le parole come “meraviglioso”, “stupendo” o “straordinario”, cioè miră, che è difficile da accettare come attributo sia del femminile sing. multa, sia del neutro plur. multa.
Li Song-Yang