Nota a Catullo 29, 23
(Studi classici e orientali, 54 (2008): pp. 349-359)
eone nomine † urbis opulentissime †
socer generque, perdidistis omnia?
oppulentissime O, opulentissime G R [1]
La maggior parte degli studiosi sono convinti che il carme 29 di Catullo sia scritto in trimetri giambici puri [2], per cui il v. 23 sarebbe corrotto (e così pure il v. 20). Fra le innumerevoli congetture [3], solo poche, per esempio, imperator unice di G. Scaligero, o putissimei di L. Schwabe, o piissimi di R. Westphal [4], o potissimei di L. Mueller, hanno conquistato qualche seguace, ma nessuna di esse è stata considerata dalla critica come risolutiva. Nel 1878 H. A. J. Munro confessò il suo pessimismo — nonostante una quanti-tà già considerevole di correzioni — dicendo che «no one […] will ever decide what is to be read here» [5]; alcuni editori, come R. A. B. Mynors, preferirono non toccare la tradizione manoscritta, chiudendo fra le cruces sia opulentissime, sia anche urbis [6]. Più recentemente si sono sentite ancora le voci del conservatorismo: S. G. P. Small pensa che il «problem is as yet unsolved» [7]; H. Y. McCulloch Jr. rifiuta tutte le congetture precedenti, ipotizzando che «urbis […] is nothing more than a misreading for ut bis […]. For we are in need of a subjunctive verb to complete the result clause introduced by ut […]. Superlative adjectives that begin with the letter p and accommodate the meter will get us nowhere» [8]; G. Paduano e A. Grilli, riproducendo il testo di Mynors nella loro edizione, così commentano: «l’epiteto con cui Catullo apostrofa i due generali non può essere ricostruito in modo univoco» [9].
In questa sede vorremmo esporre qualche nostra riflessione per poter stimolare ancora il dibattito. Il v. 23, a nostro giudizio, si potrebbe leggere in questa maniera:
eone nomine, urbis optimis simul [10]
Come si vede nella nota 3, la parola optimus figurava già in tre congetture precedenti: optimi uiri (G. Giri) [11], optimi esculent (O. L. Richmond) [12], eurbi’ uilicei, optimei (E. Bickel) [13]. Con optimis simul la traduzione dei vv. 23-24 risulterebbe la seguente: «è proprio per questo, suocero e genero, che insieme agli ottimati dell’Urbe, avete mandato tutto in rovina?».
W. C. Scott, dopo aver analizzato il significato di cinaedus Romulus (cfr. vv. 5, 9), ha concluso che il carme 29 sia destinato al «Roman people and their leaders. […] Catullus wrote an angry poem to the Roman world at large — high and low» [14]; però, egli dice anche che «(the) last phrase seems to have been a slogan of the Optimates at this time and must have been intended by Catullus to refer to the whole constitutional imbalance of Rome» [15]. A nostro parere, niente sarebbe più sorprendente che vedere il portavoce degli ottimati in una persona come Catullo, che «si burla di tutti gli uomini politici del giorno, di parte demagogica o di parte senatoria, di Cesare e di Pompeo, di Cicerone e di altri personaggi di vario partito, non intende, evidentemente, appoggiarsi a nessun parti-to, cioè non intende far carriera politica» [16]. Con la lettura optimis simul, i bersagli della famosissima invettiva catulliana sarebbero non solo Cesare, Pompeo e i loro seguaci igno-bili come Mamurra, ma anche gli optimates, i senatori, cioè la classe avversaria dei popu-lares. Questa accusa così ‘generalizzata’ non sarebbe il delirio di un ‘anarchico’; essa, in effetti, corrisponde perfettamente alle realtà del momento. Basta rileggere una pagina di Plutarco (Caes. 21) per farsi un’idea della situazione politica dopo il convegno di Lucca (aprile 56 a. C.): la loro inattività e obbedienza nei confronti dei triumviri rendevano gli ottimati ben colpevoli per i crimini dei Cesariani, che potevano divorare, senza alcuno scrupolo, le ricchezze enormi delle province di Roma [17].
Catullo attacca nominalmente Mamurra; socer generque si riferice senza dubbio a Cesare e Pompeo; anche sotto optimis si potrebbe intravedere un nome preciso — quello di Cicerone, urbis optimus per eccellenza, nemico del Poeta anche per motivi privati. Vediamo in quale modo compiva i suoi doveri civili l’autore del De officiis nel momento cruciale di una repubblica già vicina alla sua rovina definitiva: «Immediately after the meeting at Luca Pompey sent a polite message to Cicero, inviting him to postpone his motion on the subject of the Campanian land-law. Cicero at once acknowledged defeat by abandoning his motion altogether. But he was not let off with this prompt surrender. While his brother Quintus was drafted to Caesar’s staff as a liaison officer, the orator was required to place his services at the triumvirs’ permanent disposal. […] he submitted with outward good grace. On the rare occasions of his return to the political arena Cicero appeared as a spokesman of the triumvirs. In June 56 B. C. he made a notable speech (De prouinciis consularibus) before the Senate, supporting Caesar’s claim not to be superseded in Gaul on the expiry of his legal term; in 54 B. C. he made amends for his earlier outbursts against Vatinius and Gabinius by pleading for them in the courts […]» [18]. Anche se Cicerone collaborava con i triumviri non senza un certo senso di disgusto, sarebbe comunque difficile per lui, optimus patronus – appellativo datogli, appunto, da Catullo [19] – difendere se stesso e gli ottimati dall’accusa ben fondata del Poeta [20]. Occorre citare qui la chiara definizione di bonus ciuis in F. Gaffiot: «Boni ciues, les bons citoyens = patriotes, respectueux des lois, [ou, souvent dans Cicéron] ceux qui suivent la bonne politique, le parti des honnêtes gens, le parti des optimates, le parti du sénat, des conservateurs» [21]. Con tale significato optimis può procurare all’intera composizione una ironia estrema, nonché una massima aggressività: Catullo avrebbe usato lo slogan favorito degli optimates stessi — perdere omnia [22] — non per presentarsi come portavoce degli ottimati, ma proprio per attaccarli, in modo più pungente, efficace ed ironico.
Nel complesso siamo ben d’accordo con Scott nell’interpretare cinaedus Romulus come il popolo romano, e che «this poem is directed broadly at Roman society» [23]; pro-ponendo optimis simul, vorremmo aggiungere che cinaedus Romulus fosse indirizzato in particolare agli ottimati: solo loro potevano lottare, ma in realtà si rassegnavano passiva-mente — cinaedus, appunto — al volere e all’umiliazione dei triumviri e dei loro seguaci, nonché alla rovina totale della respublica. Nella nostra ipotesi il carme 29 è un J’accuse dichiarato da Catullo a tutti i suoi concittadini per ricordar loro i doveri di un vero bonus ciuis [24]. Il Poeta apostrofa direttamente e ferocemente diversi accusati; di conseguenza, il suo torrente verbale si precipita fuori portando qua e là — sembra all’improvviso — il nome di Mamurra e gli appellativi dei colpevoli: cinaede Romule, imperator unice, mentula, (optimis), socer generque. È vero che le occorrenze di queste parole e del plurale fouetis (v. 21) apparentemente non hanno una logica da seguire, ma è lecito chiederci: se tutto ciò può sembrare sorprendente per un lettore di oggi, lo sarebbe stato anche per i contempo-ranei di Catullo, che vivevano proprio nell’atmosfera politica del momento? Guidati da tale consapevolezza, siamo giunti alla conclusione che la composizione del poema sia in realtà molto unitaria e armoniosa [25]; sono assolutamente inaccettabili tutti quegli inter-venti violenti sul testo catulliano avanzati da M. C. Sabellico e Th. Mommsen: il primo volle mutilare il carme in due (vv. 1-10 e vv. 11-24), mentre l’eminente storico propose di trasporre i vv. 21-24 dopo il v. 10 per giustificare uestra (v. 13) e risolvere altre ‘incoeren-ze’ inesistenti [26]. Detto questo, vorremmo anche ritenere nostra — invece di uestra (o uostra) — come lezione originale: la mentula è proprio nostra poiché delle perversità del furfante ‘possediamo’ tutti noi le conseguenze disastrose. H. D. Jocelyn ci ricorda che «ista had persuaded a number of fifteenth-century scholars to read uestra rather than nostra» [27]. Il dispregiativo ista, a nostro parere, concorda perfettamente con nostra: il nesso ista nostra come attributo di mentula renderebbe ancora più percepibile lo stato d’animo del Poeta: tanto odio per Mamurra e i suoi protettori quanta rabbia e delusione per l’impotenza degli avversari di Cesare; l’ironia di ista nostra mentula è fortissima [28].
Nonostante l’alta frequenza di simul in Catullo, non si riscontra mai nel Liber la costruzione ‘simul + abl. (senza cum)’ [29]. Questo particolare non dovrebbe rendere optimis simul assolutamente impossibile, poiché tale costruzione è attestata da Sall. Iug. LXV 5: simul ea tempestate plebs; Verg. Aen. V 357: et simul his dictis faciem ostentabat et udo; Hor. Sat. I 10, 86: uos, Bibule et Serui, simul his te, candide Furni; Ou. Trist. V 10, 29: quippe simul nobis habitat discrimine nullo; Tac. Ann. III 64: septemuiris simul et sodalibus Augustalibus [30]. Tuttavia, proponiamo qui una soluzione per il problema di sintassi:
eone nomine, urbis optimi simul
Ci sono due interpretazioni possibili: 1) optimi si riferisce, come nelle congetture di Giri, Richmond e Bickel, a socer generque, cioè: «è proprio per questo che voi, suocero e genero, principi dell’Urbe, avete mandato insieme tutto in rovina?» [31]; 2) optimi designa sempre gli optimates, unito a socer generque come soggetto: «è proprio per questo che voi, ottimati dell’Urbe, e voi, la coppia di suocero e genero, avete mandato insieme tutto in rovina?».
Giri ha già discusso a lungo per provare optimi uiri come epiteto di socer generque, cercando anche di dare una spiegazione paleografica per la sua congettura [32]. Sembra evidente che, a paragone di optimiuiri, optimisimul sia più vicino a opulentissime [33], e ancora di più a opimissime, lezione del codice λ (Leningrad, Cl. lat. 4° V 6, s. XV) [34].
Sul piano stilistico si osserva che, con optimis/optimi simul, il v. 23 si sentirebbe di più come un’eco al v. 11: eone nomine, imperator unice — simul è quasi in antitesi con unice [35]. Le figure di ripetizione sono notevoli nel carme 29 [36]. Scaligero non avrebbe sbagliato del tutto proponendo di rileggere imperator unice al posto di urbis opulentissime [37]; però, imperator unice non concorda bene con i due inseparabili appellativi socer generque, che seguono subito dopo [38]. Il v. 23 da noi emendato ripete parzialmente il v. 11, mentre il suo secondo emistichio ci offre un senso molto più ricco: il genio satirico catulliano ‘esploderebbe’ così alla fine del carme — in cauda uenenum.
Optimi simul rispetta meglio l’usus scribendi del Poeta; ciò nonostante, vorremmo dare una leggera preferenza a optimis simul, perché: 1) al contrario di optimi, optimis non presenta alcuna ambiguità per l’interpretazione; inoltre, leggendosi fouetis nel v. 21, è più ragionevole pensare che il soggetto dei vv. 23-24 sia socer generque [39], quindi sarebbe preferibile l’ablativo optimis; 2) optimi, se si riferisce a socer generque, potrebbe diminuire considerevolmente l’aggressività dell’accusa catulliana, rendendola anche parziale; optimis, invece, corrisponde meglio sia alla personalità di Catullo, sia alla situazione politica del momento: il nostro Poeta, non appoggiandosi a nessun partito, avrebbe accusato, giusta-mente, tutta la classe governante di avere rovinato insieme la respublica, cioè, urbis optimis simul / socer generque, perdidistis omnia, appunto [40]; 3) sul piano paleografico optimissi-mul è ancora più vicino al testo tràdito, e spiegherebbe meglio la genesi della corruttela: il gruppo -issim- avrebbe fatto pensare a qualche copista che il testo poco leggibile nell’archetipo nascondesse un aggettivo superlativo con il suffisso -issimus, e da qui sa-rebbe derivata la correzione errata opulentissime [41]. Per quanto riguarda il problema di sintassi, lo ripetiamo, nulla potrebbe provare che l’uso di ‘simul + abl. (senza cum)’ fosse assolutamente impossibile in Catullo.
Opere citate:
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Note:
[1] Il testo latino segue Mynors, Carmina, 22, mentre l’apparato critico è di Thomson, Catullus, 117.
[2] Cfr. ad esempio Postgate, Iambic; Wilkinson, Artistry, 101; Thomson,Catullus, 279. La nostra discussione segue questa communis opinio. Vedi però Minyard, Notes, 174-178; Cameron, Catullus, 161; Deroux, Personnage; Allen, Catullus. J.-D. Minyard, seguito da C. Deroux, difende opulentissime, identificando il ‘ricchissimo’ con Crasso. In effetti, I. Voss aveva già difeso implicitamente l’autenticità di opulentissime(cfr. Vossius, Opera, 70, 73), mentre J. G. Fröhlich lesse opulentissimi (cfr. Schwabius, Liber, vol. II, 34). Si noti inoltre che in alcune edizioni antiche, ad esempio Ald.1 (1502), Muretus (1554), Statius (1566), si legge op(p)ulentissimae. Per le altre congetture spondaiche vedi infra la nota 3.
[3] Le congetture precedenti sono (lista non esauriente):imperator unice Scaliger (Passeratius, Vulpius, Corradini de Allio, Doering, Schöll, Trappes-Lomax), oblitissimae Dousa Pater integerrimae Silligius, o piissime Lachmann, orbis abditissima Hermannus, orbis o pii duces Jowett, oppidissime Heyse, inclitissimei Pleitner,orbis o pares fame Pohl, orbis o piissimei Haupt (Schwabe, Korsch), o putissimei Schwabe (Mueller, Friedrich, Lenchantin, Schuster), urbis (uel orbis) o probissimei Schwabe (Pascal), orbis (uel urbis) o piissimi Westphal (Riese, Vahlen, Postgate, Baehrens, Quinn, Goold, Acerbo, Green), ob luem ipsimae Munro, o pudet meae Ellis, o potissimei Mueller (Hermes, Benoist - Thomas - Rostand, Lafaye, Cazzaniga, D’Arbela, Bardon, Della Corte), oro uos, (aut usu opum) leuissimei Baehrens, oro putidissimei Baehrens, o putamina [ritrattata] Postgate, o putissimi Schmidt, ob luem meae Ellis, o potissimi Everett (Bardon, Cameron, Thomson), o potissimae Owen, editissimae Owen, optimi uiri Giri, o bis improbissimi Thompson, inclutissimei Saenger, eone eone nomine, o piissimi Slater, heia putidissimi Merrill, ut bis opliti sient Richmond, optimi esculent Richmond, o lentissimi Agar (Oksala), urbi’ uilicei, optimei Bickel, o ditissimi [ritrattata] Herrmann, urbi’ diuitissimi Pighi, editissimi Watt, utilissimi [ritrattata] Allen,o leuissimei Koutroubas, urbi(s) perditissimei [ritrattata] Deroux, o lautissimi Herrmann, o plenissimi Allen.
[4] Noi consideriamo come congetture distinte piissime (Lachmann),piissimei (Haupt) e piissimi (Westphal) – distinte sono anche putissimei, putissimi; potissimei, potissimi, ecc. Westphal, secondo quanto è a noi noto, fu il primo a leggere piissimi. Però, non abbiamo potuto consultare la prima edizione del suo Catulls Gedichte, pubblicata nel 1867. Nello stesso anno anche O. Jahn aveva pensato che «[…] im Ausdruck gesteigert durch die Anrede o piissimi socer generque, die durch uestra und fouetis hinreichend vorbereitet wird» (Jahn, Satura, 241-242).
[5] Munro, Criticisms, 112.
[6] Cfr. Cornish, Catullus, 34; Kroll, Catullus, 56; Fordyce, Catullus, 16; Eisenhut, Liber, 21, ecc. Si noti che L. Schwabe e R. Ellis, dopo aver proposto diverse congetture, si sono rassegnati a riprodurre il verso corrotto nelle loro edizioni ulteriori (cfr. Schwabius, Liber, vol. II, 34; Ellis, Carmina, ad loc.).
[7] Citato in Dettmer, Catullus, 23 (nota 5).
[8] McCulloch, Mamurra, 110, 111.
[9] Paduano, Grilli, Catullo, 93.
[10] L’uso di optimus in Catullo è attestato dai vv. 14, 15; 28, 3; 33, 1; 49, 7; 61, 221 e 75, 3, mentre simul si legge in 28 versi catulliani (68, 101 non compreso), fra i quali 63, 12, dove simul si trova alla fine del verso (vedi anche Hor. Carm. I 9, 9; III 4, 37; Hor. Epod. 1, 8).
[11] Cfr. Giri, Locis, 132-135.
[12] Cfr. Richmond,Cruces, 135-136.
[13] La congettura di E. Bickel è stata citata nell’apparato critico di almeno tre edizioni catulliane: Bardon, Carmina, 71; Bardon, Catullus, 30; Eisenhut, Liber, 21, nonché da P. Oksala (cfr. Oksala,Adnotationes, 42) e da G. B. Pighi, che commentò così urbi’ uilicei, optimei: «ammirevole da ogni punto di vista […]. Mi lascia però un poco in dubbio la difficoltà del passaggio dalla lezione congetturale alla tràdita» (Pighi, Emendazioni, 39-40). Nello stesso articolo Pighi ha citato anche optimi uiri, senza precisare la sua paternità.
[14] Scott, Catullus, 23, 25. Cfr. Jahn, Satura, 240-242; Young, Catullus, 327. Vedi però Lenchantin, Catullo, 56-57; Cameron,Catullus, 159; Jocelyn, Catullus, 100-113.
[15] Scott, Catullus, 24. Vedi anche Minyard, Notes, 176-178; Deroux, Attitude, 631.
[16] Marmorale, Catullo, 46. Per l’atteggiamento politico di Catullo vedi anche Couat, Étude, 95-121; Mosca, Psicolo-gia; Deroux, Attitude.
[17] Vedi anche Mommsen, Storia, 279-293; Cook, Adcock, Charlesworth,History, 532-536; Syme, Revolution, 36-38. Proponendo urbis o pudet meae, Ellis così commentò: «urbis meae i. e. Romae. Catullus is ashamed that his name of Roman is disgraced by his country’s submission to men like Mamurra and his patrons» (Ellis, Commentary, 80).
[18] Cook, Adcock, Charlesworth, History, 535. Il Cesariano Vatinio, accusato per la terza volta da Licinio Calvo, uno degli amici più cari di Catullo, fu assolto nell’agosto del 54 a. C., grazie alla difesa di Cicerone. Se la nostra congettura fosse il testo originale, e se la composizione del carme 29 coincidesse con il processo – tale coincidenza è comunque possibile –, sarebbe stato probabilmente proprio il nome di Cicerone che sia venuto per primo nella mente del nostro Poeta mentre scriveva urbis optimis simul.
[19] Cfr. Catull. 49, 7: quanto tu optimus omnium patronus.
[20] Cfr. Cousin,Cicéron, 249.
[21] Gaffiot,Dictionnaire, 224. Per una analisi approfondita sul significato e l’uso politico di boni, optimi e optimates vedi Hellegouarc’h, Vocabulaire, 484-505 (495-500 per optimi).
[22] Cfr. Cic. Att.I 16, 5; II 21, 1; XIV 1, 1; XIV 14, 3.
[23] Scott, Catullus, 21 (nota 18).
[24] Più che un J’accuse, il carme 29 da noi emendato e interpretato potrebbe sentirsi anche come un appello al popolo romano, un invito a ribellarsi contro i triumviri e i Cesariani (si noti l’uso ripetuto del tempo futuro nei vv. 5 e 9: cinaede Romule, haec uidebis et feres?). Potremmo quindi ipotizzare che Catullo, di solito indifferente alla politica, avesse potuto agire assai attivamente — però solo con i suoi epigrammi — contro le potenze politiche in alcune circostanze particolari come la nostra, spinto probabilmente anche da moventi privati.
[25] Secondo Ellis, una delle peculiarità dell’arte catulliana è che «Catullus passes rapidly from speaking in one person to speaking in another» (Ellis, Commentary, XXIII). Dopo una breve analisi sui carmi 8, 46 e 28, lo studioso inglese così commentava: «The same rapid change forms part of the effectiveness of XXIX: the alternating third and second person […] expresses from the point of language the same lively indignation which the coincidence of accent and ictus conveys metrically» (ibid.).
[26] La proposta di Sabellico è stata ripetuta da Jahn, P. R. Young (cfr. Young, Catullus, 328) e K. Lennartz (cfr. Lennartz,Catull, 361-363), mentre Mommsen fu seguito da O. Ribbeck, Schwabe e Æ. Baehrens, con interventi leggermente diversi (cfr. Jocelyn, Catullus, 99-100). Per la difesa dell’unità del carme 29 vedi De Angeli,Unity.
[27] Jocelyn, Catullus, 99 (nota 16).
[28] Nostra è in effetti l’unica lezione dei codici V, contro uestra di D e ζ (cfr. Della Corte, Catullo, 48). Fra gli editori più recenti H. Bardon e F. Della Corte hanno coraggiosamente seguito l’autorità di V, al contrario della maggior parte
degli studiosi catulliani. Bardon considera nostra «plein de sarcasme», e traduce il v. 13 in «[…] cette Verge flasque, toute à nous […]» (Bardon, Carmina, 68). Il nostro contributo potrebbe porsi a favore dell’autenticità di nostra? Vedi però Cameron, Catullus, 160; Jocelyn, Catullus, 99-100.
[29] Cfr. Catull. 62, 65: qui genero sua iura simul cum dote dederunt.
[30] Vedi anche Glare, Dictionary, 1766.
[31] Secondo H.A.J. Munro, però, «‘Socer generque’ is […] much weakened by having an epithet attached» (Munro, Criticisms, 102).
[32] Cfr. supra la nota 11.
[33] Per la confusione fra t e lcfr. 25, 11: inusta : insula (V); 64, 75: templa : tempta (V); 66, 83: colitis : petitis (D); per i e e fr. 17, 10: paludis : paludes (V); 63, 1: celeri : celere (V); 64, 136: mentis : mentes (V); per m e nt cfr. 61, 189: iuuent : iuuenem (V); 102, 1: amico : antiquo (V); 29, 4: uncti : cum te (V); 55, 17: num : nunc (V); 64, 56: tum : tunc (O) (la confusione tra c e t è frequentissima nei codici catulliani; cfr. anche la congettura di Munro); per e e u cfr. 12, 17: ut : et (V); 44, 11: petitorem : petitorum (G2 R2 m); 76, 13: amorem : amicum (R); 114, 6: saltum : saltem (G R); per gli errori simili a simul / -sime cfr. 17, 6: suscipiantur: suscipiant (V); 55, 1: molestum est : molestus es (V); 64, 119: laetabatur : leta (V); 109, 1: amorem : amore (V); 111, 3: par est : pars (V), che si trovano tutti alla fine del verso. Si tenga presente, inoltre, che optimo (14, 15) si è corrotto in oppinio (O) e opimo(G R).
[34] Cfr. Bardon, Catullus, XVII, 30.
[35] Per il nesso optimus (bonus) imperator vedi Cic. De Orat. 3, 135; Cic. Verr. 5, 2; Tac. Hist. IV 8, 2.
[36] Cfr. le coppie di versi 2 e 10, 5 e 9, nonché le numerose frasi interrogative. Vedi però Jocelyn, Catullus, 105-106.
[37] Cfr. Trappes-Lomax, Catullus, 90.
[38] G. Scaligero punteggiò il testo come segue: eone nomine, urbis imperator unice, / socer, generque perdidistis omnia (Scaliger, Catulli, 16).
[39] Cfr. Jahn, Satura, 241-242; Ellis, Commentary, 75. Secondo M. A. Muretus, invece, il v. 21 è una «apostrophe ad opulum Romanum» (Muretus, Catullus, 44). Muretus fu probabilmente il primo a suggerire che il carme 29 accusi anche il popolo romano.
[40] Se optimi si riferisce a optimates, il discorso rimane essenzialmente lo stesso.
[41] Se opulentissime fosse una glossa, come credono non pochi studiosi, lo scomparso termine originale potrebbe essere appunto optimis (optimi). Cfr. l’articolo ops in Ernout, Meillet, Dictionnaire, 822-823; Hellegouarc’h, Vocabulaire, 499-500.
Li Song-Yang
eone nomine † urbis opulentissime †
socer generque, perdidistis omnia?
oppulentissime O, opulentissime G R [1]
La maggior parte degli studiosi sono convinti che il carme 29 di Catullo sia scritto in trimetri giambici puri [2], per cui il v. 23 sarebbe corrotto (e così pure il v. 20). Fra le innumerevoli congetture [3], solo poche, per esempio, imperator unice di G. Scaligero, o putissimei di L. Schwabe, o piissimi di R. Westphal [4], o potissimei di L. Mueller, hanno conquistato qualche seguace, ma nessuna di esse è stata considerata dalla critica come risolutiva. Nel 1878 H. A. J. Munro confessò il suo pessimismo — nonostante una quanti-tà già considerevole di correzioni — dicendo che «no one […] will ever decide what is to be read here» [5]; alcuni editori, come R. A. B. Mynors, preferirono non toccare la tradizione manoscritta, chiudendo fra le cruces sia opulentissime, sia anche urbis [6]. Più recentemente si sono sentite ancora le voci del conservatorismo: S. G. P. Small pensa che il «problem is as yet unsolved» [7]; H. Y. McCulloch Jr. rifiuta tutte le congetture precedenti, ipotizzando che «urbis […] is nothing more than a misreading for ut bis […]. For we are in need of a subjunctive verb to complete the result clause introduced by ut […]. Superlative adjectives that begin with the letter p and accommodate the meter will get us nowhere» [8]; G. Paduano e A. Grilli, riproducendo il testo di Mynors nella loro edizione, così commentano: «l’epiteto con cui Catullo apostrofa i due generali non può essere ricostruito in modo univoco» [9].
In questa sede vorremmo esporre qualche nostra riflessione per poter stimolare ancora il dibattito. Il v. 23, a nostro giudizio, si potrebbe leggere in questa maniera:
eone nomine, urbis optimis simul [10]
Come si vede nella nota 3, la parola optimus figurava già in tre congetture precedenti: optimi uiri (G. Giri) [11], optimi esculent (O. L. Richmond) [12], eurbi’ uilicei, optimei (E. Bickel) [13]. Con optimis simul la traduzione dei vv. 23-24 risulterebbe la seguente: «è proprio per questo, suocero e genero, che insieme agli ottimati dell’Urbe, avete mandato tutto in rovina?».
W. C. Scott, dopo aver analizzato il significato di cinaedus Romulus (cfr. vv. 5, 9), ha concluso che il carme 29 sia destinato al «Roman people and their leaders. […] Catullus wrote an angry poem to the Roman world at large — high and low» [14]; però, egli dice anche che «(the) last phrase seems to have been a slogan of the Optimates at this time and must have been intended by Catullus to refer to the whole constitutional imbalance of Rome» [15]. A nostro parere, niente sarebbe più sorprendente che vedere il portavoce degli ottimati in una persona come Catullo, che «si burla di tutti gli uomini politici del giorno, di parte demagogica o di parte senatoria, di Cesare e di Pompeo, di Cicerone e di altri personaggi di vario partito, non intende, evidentemente, appoggiarsi a nessun parti-to, cioè non intende far carriera politica» [16]. Con la lettura optimis simul, i bersagli della famosissima invettiva catulliana sarebbero non solo Cesare, Pompeo e i loro seguaci igno-bili come Mamurra, ma anche gli optimates, i senatori, cioè la classe avversaria dei popu-lares. Questa accusa così ‘generalizzata’ non sarebbe il delirio di un ‘anarchico’; essa, in effetti, corrisponde perfettamente alle realtà del momento. Basta rileggere una pagina di Plutarco (Caes. 21) per farsi un’idea della situazione politica dopo il convegno di Lucca (aprile 56 a. C.): la loro inattività e obbedienza nei confronti dei triumviri rendevano gli ottimati ben colpevoli per i crimini dei Cesariani, che potevano divorare, senza alcuno scrupolo, le ricchezze enormi delle province di Roma [17].
Catullo attacca nominalmente Mamurra; socer generque si riferice senza dubbio a Cesare e Pompeo; anche sotto optimis si potrebbe intravedere un nome preciso — quello di Cicerone, urbis optimus per eccellenza, nemico del Poeta anche per motivi privati. Vediamo in quale modo compiva i suoi doveri civili l’autore del De officiis nel momento cruciale di una repubblica già vicina alla sua rovina definitiva: «Immediately after the meeting at Luca Pompey sent a polite message to Cicero, inviting him to postpone his motion on the subject of the Campanian land-law. Cicero at once acknowledged defeat by abandoning his motion altogether. But he was not let off with this prompt surrender. While his brother Quintus was drafted to Caesar’s staff as a liaison officer, the orator was required to place his services at the triumvirs’ permanent disposal. […] he submitted with outward good grace. On the rare occasions of his return to the political arena Cicero appeared as a spokesman of the triumvirs. In June 56 B. C. he made a notable speech (De prouinciis consularibus) before the Senate, supporting Caesar’s claim not to be superseded in Gaul on the expiry of his legal term; in 54 B. C. he made amends for his earlier outbursts against Vatinius and Gabinius by pleading for them in the courts […]» [18]. Anche se Cicerone collaborava con i triumviri non senza un certo senso di disgusto, sarebbe comunque difficile per lui, optimus patronus – appellativo datogli, appunto, da Catullo [19] – difendere se stesso e gli ottimati dall’accusa ben fondata del Poeta [20]. Occorre citare qui la chiara definizione di bonus ciuis in F. Gaffiot: «Boni ciues, les bons citoyens = patriotes, respectueux des lois, [ou, souvent dans Cicéron] ceux qui suivent la bonne politique, le parti des honnêtes gens, le parti des optimates, le parti du sénat, des conservateurs» [21]. Con tale significato optimis può procurare all’intera composizione una ironia estrema, nonché una massima aggressività: Catullo avrebbe usato lo slogan favorito degli optimates stessi — perdere omnia [22] — non per presentarsi come portavoce degli ottimati, ma proprio per attaccarli, in modo più pungente, efficace ed ironico.
Nel complesso siamo ben d’accordo con Scott nell’interpretare cinaedus Romulus come il popolo romano, e che «this poem is directed broadly at Roman society» [23]; pro-ponendo optimis simul, vorremmo aggiungere che cinaedus Romulus fosse indirizzato in particolare agli ottimati: solo loro potevano lottare, ma in realtà si rassegnavano passiva-mente — cinaedus, appunto — al volere e all’umiliazione dei triumviri e dei loro seguaci, nonché alla rovina totale della respublica. Nella nostra ipotesi il carme 29 è un J’accuse dichiarato da Catullo a tutti i suoi concittadini per ricordar loro i doveri di un vero bonus ciuis [24]. Il Poeta apostrofa direttamente e ferocemente diversi accusati; di conseguenza, il suo torrente verbale si precipita fuori portando qua e là — sembra all’improvviso — il nome di Mamurra e gli appellativi dei colpevoli: cinaede Romule, imperator unice, mentula, (optimis), socer generque. È vero che le occorrenze di queste parole e del plurale fouetis (v. 21) apparentemente non hanno una logica da seguire, ma è lecito chiederci: se tutto ciò può sembrare sorprendente per un lettore di oggi, lo sarebbe stato anche per i contempo-ranei di Catullo, che vivevano proprio nell’atmosfera politica del momento? Guidati da tale consapevolezza, siamo giunti alla conclusione che la composizione del poema sia in realtà molto unitaria e armoniosa [25]; sono assolutamente inaccettabili tutti quegli inter-venti violenti sul testo catulliano avanzati da M. C. Sabellico e Th. Mommsen: il primo volle mutilare il carme in due (vv. 1-10 e vv. 11-24), mentre l’eminente storico propose di trasporre i vv. 21-24 dopo il v. 10 per giustificare uestra (v. 13) e risolvere altre ‘incoeren-ze’ inesistenti [26]. Detto questo, vorremmo anche ritenere nostra — invece di uestra (o uostra) — come lezione originale: la mentula è proprio nostra poiché delle perversità del furfante ‘possediamo’ tutti noi le conseguenze disastrose. H. D. Jocelyn ci ricorda che «ista had persuaded a number of fifteenth-century scholars to read uestra rather than nostra» [27]. Il dispregiativo ista, a nostro parere, concorda perfettamente con nostra: il nesso ista nostra come attributo di mentula renderebbe ancora più percepibile lo stato d’animo del Poeta: tanto odio per Mamurra e i suoi protettori quanta rabbia e delusione per l’impotenza degli avversari di Cesare; l’ironia di ista nostra mentula è fortissima [28].
Nonostante l’alta frequenza di simul in Catullo, non si riscontra mai nel Liber la costruzione ‘simul + abl. (senza cum)’ [29]. Questo particolare non dovrebbe rendere optimis simul assolutamente impossibile, poiché tale costruzione è attestata da Sall. Iug. LXV 5: simul ea tempestate plebs; Verg. Aen. V 357: et simul his dictis faciem ostentabat et udo; Hor. Sat. I 10, 86: uos, Bibule et Serui, simul his te, candide Furni; Ou. Trist. V 10, 29: quippe simul nobis habitat discrimine nullo; Tac. Ann. III 64: septemuiris simul et sodalibus Augustalibus [30]. Tuttavia, proponiamo qui una soluzione per il problema di sintassi:
eone nomine, urbis optimi simul
Ci sono due interpretazioni possibili: 1) optimi si riferisce, come nelle congetture di Giri, Richmond e Bickel, a socer generque, cioè: «è proprio per questo che voi, suocero e genero, principi dell’Urbe, avete mandato insieme tutto in rovina?» [31]; 2) optimi designa sempre gli optimates, unito a socer generque come soggetto: «è proprio per questo che voi, ottimati dell’Urbe, e voi, la coppia di suocero e genero, avete mandato insieme tutto in rovina?».
Giri ha già discusso a lungo per provare optimi uiri come epiteto di socer generque, cercando anche di dare una spiegazione paleografica per la sua congettura [32]. Sembra evidente che, a paragone di optimiuiri, optimisimul sia più vicino a opulentissime [33], e ancora di più a opimissime, lezione del codice λ (Leningrad, Cl. lat. 4° V 6, s. XV) [34].
Sul piano stilistico si osserva che, con optimis/optimi simul, il v. 23 si sentirebbe di più come un’eco al v. 11: eone nomine, imperator unice — simul è quasi in antitesi con unice [35]. Le figure di ripetizione sono notevoli nel carme 29 [36]. Scaligero non avrebbe sbagliato del tutto proponendo di rileggere imperator unice al posto di urbis opulentissime [37]; però, imperator unice non concorda bene con i due inseparabili appellativi socer generque, che seguono subito dopo [38]. Il v. 23 da noi emendato ripete parzialmente il v. 11, mentre il suo secondo emistichio ci offre un senso molto più ricco: il genio satirico catulliano ‘esploderebbe’ così alla fine del carme — in cauda uenenum.
Optimi simul rispetta meglio l’usus scribendi del Poeta; ciò nonostante, vorremmo dare una leggera preferenza a optimis simul, perché: 1) al contrario di optimi, optimis non presenta alcuna ambiguità per l’interpretazione; inoltre, leggendosi fouetis nel v. 21, è più ragionevole pensare che il soggetto dei vv. 23-24 sia socer generque [39], quindi sarebbe preferibile l’ablativo optimis; 2) optimi, se si riferisce a socer generque, potrebbe diminuire considerevolmente l’aggressività dell’accusa catulliana, rendendola anche parziale; optimis, invece, corrisponde meglio sia alla personalità di Catullo, sia alla situazione politica del momento: il nostro Poeta, non appoggiandosi a nessun partito, avrebbe accusato, giusta-mente, tutta la classe governante di avere rovinato insieme la respublica, cioè, urbis optimis simul / socer generque, perdidistis omnia, appunto [40]; 3) sul piano paleografico optimissi-mul è ancora più vicino al testo tràdito, e spiegherebbe meglio la genesi della corruttela: il gruppo -issim- avrebbe fatto pensare a qualche copista che il testo poco leggibile nell’archetipo nascondesse un aggettivo superlativo con il suffisso -issimus, e da qui sa-rebbe derivata la correzione errata opulentissime [41]. Per quanto riguarda il problema di sintassi, lo ripetiamo, nulla potrebbe provare che l’uso di ‘simul + abl. (senza cum)’ fosse assolutamente impossibile in Catullo.
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Note:
[1] Il testo latino segue Mynors, Carmina, 22, mentre l’apparato critico è di Thomson, Catullus, 117.
[2] Cfr. ad esempio Postgate, Iambic; Wilkinson, Artistry, 101; Thomson,Catullus, 279. La nostra discussione segue questa communis opinio. Vedi però Minyard, Notes, 174-178; Cameron, Catullus, 161; Deroux, Personnage; Allen, Catullus. J.-D. Minyard, seguito da C. Deroux, difende opulentissime, identificando il ‘ricchissimo’ con Crasso. In effetti, I. Voss aveva già difeso implicitamente l’autenticità di opulentissime(cfr. Vossius, Opera, 70, 73), mentre J. G. Fröhlich lesse opulentissimi (cfr. Schwabius, Liber, vol. II, 34). Si noti inoltre che in alcune edizioni antiche, ad esempio Ald.1 (1502), Muretus (1554), Statius (1566), si legge op(p)ulentissimae. Per le altre congetture spondaiche vedi infra la nota 3.
[3] Le congetture precedenti sono (lista non esauriente):imperator unice Scaliger (Passeratius, Vulpius, Corradini de Allio, Doering, Schöll, Trappes-Lomax), oblitissimae Dousa Pater integerrimae Silligius, o piissime Lachmann, orbis abditissima Hermannus, orbis o pii duces Jowett, oppidissime Heyse, inclitissimei Pleitner,orbis o pares fame Pohl, orbis o piissimei Haupt (Schwabe, Korsch), o putissimei Schwabe (Mueller, Friedrich, Lenchantin, Schuster), urbis (uel orbis) o probissimei Schwabe (Pascal), orbis (uel urbis) o piissimi Westphal (Riese, Vahlen, Postgate, Baehrens, Quinn, Goold, Acerbo, Green), ob luem ipsimae Munro, o pudet meae Ellis, o potissimei Mueller (Hermes, Benoist - Thomas - Rostand, Lafaye, Cazzaniga, D’Arbela, Bardon, Della Corte), oro uos, (aut usu opum) leuissimei Baehrens, oro putidissimei Baehrens, o putamina [ritrattata] Postgate, o putissimi Schmidt, ob luem meae Ellis, o potissimi Everett (Bardon, Cameron, Thomson), o potissimae Owen, editissimae Owen, optimi uiri Giri, o bis improbissimi Thompson, inclutissimei Saenger, eone eone nomine, o piissimi Slater, heia putidissimi Merrill, ut bis opliti sient Richmond, optimi esculent Richmond, o lentissimi Agar (Oksala), urbi’ uilicei, optimei Bickel, o ditissimi [ritrattata] Herrmann, urbi’ diuitissimi Pighi, editissimi Watt, utilissimi [ritrattata] Allen,o leuissimei Koutroubas, urbi(s) perditissimei [ritrattata] Deroux, o lautissimi Herrmann, o plenissimi Allen.
[4] Noi consideriamo come congetture distinte piissime (Lachmann),piissimei (Haupt) e piissimi (Westphal) – distinte sono anche putissimei, putissimi; potissimei, potissimi, ecc. Westphal, secondo quanto è a noi noto, fu il primo a leggere piissimi. Però, non abbiamo potuto consultare la prima edizione del suo Catulls Gedichte, pubblicata nel 1867. Nello stesso anno anche O. Jahn aveva pensato che «[…] im Ausdruck gesteigert durch die Anrede o piissimi socer generque, die durch uestra und fouetis hinreichend vorbereitet wird» (Jahn, Satura, 241-242).
[5] Munro, Criticisms, 112.
[6] Cfr. Cornish, Catullus, 34; Kroll, Catullus, 56; Fordyce, Catullus, 16; Eisenhut, Liber, 21, ecc. Si noti che L. Schwabe e R. Ellis, dopo aver proposto diverse congetture, si sono rassegnati a riprodurre il verso corrotto nelle loro edizioni ulteriori (cfr. Schwabius, Liber, vol. II, 34; Ellis, Carmina, ad loc.).
[7] Citato in Dettmer, Catullus, 23 (nota 5).
[8] McCulloch, Mamurra, 110, 111.
[9] Paduano, Grilli, Catullo, 93.
[10] L’uso di optimus in Catullo è attestato dai vv. 14, 15; 28, 3; 33, 1; 49, 7; 61, 221 e 75, 3, mentre simul si legge in 28 versi catulliani (68, 101 non compreso), fra i quali 63, 12, dove simul si trova alla fine del verso (vedi anche Hor. Carm. I 9, 9; III 4, 37; Hor. Epod. 1, 8).
[11] Cfr. Giri, Locis, 132-135.
[12] Cfr. Richmond,Cruces, 135-136.
[13] La congettura di E. Bickel è stata citata nell’apparato critico di almeno tre edizioni catulliane: Bardon, Carmina, 71; Bardon, Catullus, 30; Eisenhut, Liber, 21, nonché da P. Oksala (cfr. Oksala,Adnotationes, 42) e da G. B. Pighi, che commentò così urbi’ uilicei, optimei: «ammirevole da ogni punto di vista […]. Mi lascia però un poco in dubbio la difficoltà del passaggio dalla lezione congetturale alla tràdita» (Pighi, Emendazioni, 39-40). Nello stesso articolo Pighi ha citato anche optimi uiri, senza precisare la sua paternità.
[14] Scott, Catullus, 23, 25. Cfr. Jahn, Satura, 240-242; Young, Catullus, 327. Vedi però Lenchantin, Catullo, 56-57; Cameron,Catullus, 159; Jocelyn, Catullus, 100-113.
[15] Scott, Catullus, 24. Vedi anche Minyard, Notes, 176-178; Deroux, Attitude, 631.
[16] Marmorale, Catullo, 46. Per l’atteggiamento politico di Catullo vedi anche Couat, Étude, 95-121; Mosca, Psicolo-gia; Deroux, Attitude.
[17] Vedi anche Mommsen, Storia, 279-293; Cook, Adcock, Charlesworth,History, 532-536; Syme, Revolution, 36-38. Proponendo urbis o pudet meae, Ellis così commentò: «urbis meae i. e. Romae. Catullus is ashamed that his name of Roman is disgraced by his country’s submission to men like Mamurra and his patrons» (Ellis, Commentary, 80).
[18] Cook, Adcock, Charlesworth, History, 535. Il Cesariano Vatinio, accusato per la terza volta da Licinio Calvo, uno degli amici più cari di Catullo, fu assolto nell’agosto del 54 a. C., grazie alla difesa di Cicerone. Se la nostra congettura fosse il testo originale, e se la composizione del carme 29 coincidesse con il processo – tale coincidenza è comunque possibile –, sarebbe stato probabilmente proprio il nome di Cicerone che sia venuto per primo nella mente del nostro Poeta mentre scriveva urbis optimis simul.
[19] Cfr. Catull. 49, 7: quanto tu optimus omnium patronus.
[20] Cfr. Cousin,Cicéron, 249.
[21] Gaffiot,Dictionnaire, 224. Per una analisi approfondita sul significato e l’uso politico di boni, optimi e optimates vedi Hellegouarc’h, Vocabulaire, 484-505 (495-500 per optimi).
[22] Cfr. Cic. Att.I 16, 5; II 21, 1; XIV 1, 1; XIV 14, 3.
[23] Scott, Catullus, 21 (nota 18).
[24] Più che un J’accuse, il carme 29 da noi emendato e interpretato potrebbe sentirsi anche come un appello al popolo romano, un invito a ribellarsi contro i triumviri e i Cesariani (si noti l’uso ripetuto del tempo futuro nei vv. 5 e 9: cinaede Romule, haec uidebis et feres?). Potremmo quindi ipotizzare che Catullo, di solito indifferente alla politica, avesse potuto agire assai attivamente — però solo con i suoi epigrammi — contro le potenze politiche in alcune circostanze particolari come la nostra, spinto probabilmente anche da moventi privati.
[25] Secondo Ellis, una delle peculiarità dell’arte catulliana è che «Catullus passes rapidly from speaking in one person to speaking in another» (Ellis, Commentary, XXIII). Dopo una breve analisi sui carmi 8, 46 e 28, lo studioso inglese così commentava: «The same rapid change forms part of the effectiveness of XXIX: the alternating third and second person […] expresses from the point of language the same lively indignation which the coincidence of accent and ictus conveys metrically» (ibid.).
[26] La proposta di Sabellico è stata ripetuta da Jahn, P. R. Young (cfr. Young, Catullus, 328) e K. Lennartz (cfr. Lennartz,Catull, 361-363), mentre Mommsen fu seguito da O. Ribbeck, Schwabe e Æ. Baehrens, con interventi leggermente diversi (cfr. Jocelyn, Catullus, 99-100). Per la difesa dell’unità del carme 29 vedi De Angeli,Unity.
[27] Jocelyn, Catullus, 99 (nota 16).
[28] Nostra è in effetti l’unica lezione dei codici V, contro uestra di D e ζ (cfr. Della Corte, Catullo, 48). Fra gli editori più recenti H. Bardon e F. Della Corte hanno coraggiosamente seguito l’autorità di V, al contrario della maggior parte
degli studiosi catulliani. Bardon considera nostra «plein de sarcasme», e traduce il v. 13 in «[…] cette Verge flasque, toute à nous […]» (Bardon, Carmina, 68). Il nostro contributo potrebbe porsi a favore dell’autenticità di nostra? Vedi però Cameron, Catullus, 160; Jocelyn, Catullus, 99-100.
[29] Cfr. Catull. 62, 65: qui genero sua iura simul cum dote dederunt.
[30] Vedi anche Glare, Dictionary, 1766.
[31] Secondo H.A.J. Munro, però, «‘Socer generque’ is […] much weakened by having an epithet attached» (Munro, Criticisms, 102).
[32] Cfr. supra la nota 11.
[33] Per la confusione fra t e lcfr. 25, 11: inusta : insula (V); 64, 75: templa : tempta (V); 66, 83: colitis : petitis (D); per i e e fr. 17, 10: paludis : paludes (V); 63, 1: celeri : celere (V); 64, 136: mentis : mentes (V); per m e nt cfr. 61, 189: iuuent : iuuenem (V); 102, 1: amico : antiquo (V); 29, 4: uncti : cum te (V); 55, 17: num : nunc (V); 64, 56: tum : tunc (O) (la confusione tra c e t è frequentissima nei codici catulliani; cfr. anche la congettura di Munro); per e e u cfr. 12, 17: ut : et (V); 44, 11: petitorem : petitorum (G2 R2 m); 76, 13: amorem : amicum (R); 114, 6: saltum : saltem (G R); per gli errori simili a simul / -sime cfr. 17, 6: suscipiantur: suscipiant (V); 55, 1: molestum est : molestus es (V); 64, 119: laetabatur : leta (V); 109, 1: amorem : amore (V); 111, 3: par est : pars (V), che si trovano tutti alla fine del verso. Si tenga presente, inoltre, che optimo (14, 15) si è corrotto in oppinio (O) e opimo(G R).
[34] Cfr. Bardon, Catullus, XVII, 30.
[35] Per il nesso optimus (bonus) imperator vedi Cic. De Orat. 3, 135; Cic. Verr. 5, 2; Tac. Hist. IV 8, 2.
[36] Cfr. le coppie di versi 2 e 10, 5 e 9, nonché le numerose frasi interrogative. Vedi però Jocelyn, Catullus, 105-106.
[37] Cfr. Trappes-Lomax, Catullus, 90.
[38] G. Scaligero punteggiò il testo come segue: eone nomine, urbis imperator unice, / socer, generque perdidistis omnia (Scaliger, Catulli, 16).
[39] Cfr. Jahn, Satura, 241-242; Ellis, Commentary, 75. Secondo M. A. Muretus, invece, il v. 21 è una «apostrophe ad opulum Romanum» (Muretus, Catullus, 44). Muretus fu probabilmente il primo a suggerire che il carme 29 accusi anche il popolo romano.
[40] Se optimi si riferisce a optimates, il discorso rimane essenzialmente lo stesso.
[41] Se opulentissime fosse una glossa, come credono non pochi studiosi, lo scomparso termine originale potrebbe essere appunto optimis (optimi). Cfr. l’articolo ops in Ernout, Meillet, Dictionnaire, 822-823; Hellegouarc’h, Vocabulaire, 499-500.
Li Song-Yang