Catull. 55, 9: una nuova congettura
(Giornale italiano di filologia, 59 (2007): pp. 103-106)
G. Giardina ha dedicato due scritti al v. Catull. 55, 9, e ambedue sono stati raccolti in una silloge intitolata Contributi di critica testuale: da Catullo alla Historia Augusta, Herder Editrice, Roma 2003 [1]. La lettura di questi articoli mi ha fornito una buona occasione di riflessioni sul c. 55, ispirandomi una nuova congettura per sanare “la crux più conclamata […] auelte” [2].
Anzitutto cito i vv. 6-10 del c. 55 [3]:
6 in Magni simul ambulatione
femellas omnes, amice, prendi,
quas uultu uidi tamen sereno.
9 † auelte †, sic ipse flagitabam,
10 Camerium mihi pessimae puellae.
Il Giardina, dopo aver analizzato il testo corrotto e gli emendamenti precedenti, pensa di dovere eliminare le congetture che presuppongono l’ellissi del verbo, per la sua “ferma convinzione che auelte contiene il verbo reggente l’acc. Cameriume il dat. mihi” [4] – convinzione che condivido senza riserve –. Avendo passato in rassegna diversi gruppi di verbi, il Giardina propone di leggere aufertis al posto del tràdito auelte [5]. Sedotto dal senso di aufero ben adeguato al contesto, ho concentrato l’attenzione sui verbi del gruppo di “portar via”, “strappare”, “rubare”, ecc., prima di scegliere auello fra tanti altri [6]. Presento subito la mia congettura:
v. 9: † auelte †, sic ipse flagitabam [7]
Congettura: auellistis, ita ipse flagitabam
Ramando a dopo l’analisi paleografica.
Metrica: il v. 9 da me emendato è un endecasillabo faleceo normale, essendo brevi il quarto e il quinto elemento; per la cesura latens dopo il sesto elemento cfr. il v. 3, 8: nec sese a gremio | illius mouebat; vedi anche il v. 41, 4, che inizia con dēcōctōrĭs ămica (cfr. āuēllīstĭs ĭta).
A questo punto invito a rivedere l’uso di auello in Catullo [8]:
62, 21: qui natam possis complexu auellere matris
62, 22: complexu matris renitentem auellere natam
Si vede che, sul piano di sintassi, i vv. 62, 21-22 attestano la costruzione “auello + acc. pers. + abl. rei” (però dietro complexus c’è mater); per l’uso di auello con il dat. pers. vedi Hor. Sat. 1, 2, 103-104: […] an tibi mauis / insidias fieri pretiumque auellier […], Curt. 5, 12, 8: amplectitur perfususque mutuis lacrimis inhaerentem sibi auelli iubet [9].
Nel confronto tra i vv. 62, 21-22 e il v. 55, 9 da me emendato, si osserva che: nel c. 62, le uirgines, tristi, accusano Hesperus perché una cara amica di loro perderà la verginità; nel c. 55, il Poeta, con il cuore spezzato da piú sentimenti, tutti distruttivi, interroga le femellae per ritrovare il suo caro amico già scomparso. Le uirgines rimproverano: Hespere, quis caelo fertur crudelior ignis? (v. 62, 20); il Poeta apostrofa le femellae come pessimae puellae: questi due brani sono assai comparabili. Auello deriva da uello che etimologica-mente significa “arracher, tirer violemment” [10]. Il senso di “strapare con violenza” – può essere una violenza psicologica, quindi invisibile, ma realmente sentita dal Poeta – andrebbe ancora meglio con ita e pessimae.
Se auellistis ita è probabile per la metrica, la sintassi e la semantica, occorre spiegarla adesso sul piano paleografico. Dunque, invito a osservare lo schema sottostante, che dimostra indicativamente l’ipotesi di genesi e di sviluppo della corruzione (le lettere fra parentesi saranno cadute, e le lettere in grassetto, mutate):
auel<l>istisita → auel<is> tisit<a> → aueltesit → auelte sic
La mia congettura, che a prima vista sembra forse molto invasiva, in realtà non sareb-be tale: ita non è una aggiunta; sic non è espunto e sostituito da ita (ita si nasconde parzial-mente sotto sic). Adesso spiego piú in dettaglio: la corruzione sarebbe iniziata con l’aplo-grafia -ll- > -l- [11], e peggiorata nella fase successiva dalla caduta del gruppo -is- e della a finale di ita, forse causata da un deterioramento materiale nell’archetipo [12]; in seguito,
si sarebbe commesso l’errore i> e, che è molto facile [13]. La caduta di a sarebbe decisiva per lo sviluppo della corruzione: senza a,it- sarebbe stato unito erroneamente con la s finale di auellistis, già corrotto in quel momento in ∗aueltes [14], visto che, 1) “l’alternan-za t/c è tipica della scrittura carolina” [15]; 2) sic si adegua perfettamente al contesto per il suo senso e si colloca benissimo al posto da esso occupato [16]; Concludendo, direi che, con le prime quattro lettere identiche auel- e gli errori spiegabili, sarebbe possibile la corruzione auellistis ita >auelte sic.
Infine invito a rileggere il v. 9 da me emendato – insieme con il v. 10 e la traduzione – , in una forma piú rispettosa nei confronti della tradizione manoscritta [17]:
“Auel<lis>tis, it<a> ipse flagitabam,
Camerium mihi, pessimae puellae?”
“ragazzacce infami, bramoso, in persona cosí chiedevo,
mi avete strapatto Camerio?” [18]
Note:
[1] I due articoli sono Nota a Catullo e Catullo 55, 9: un contributo alla soluzione del proble-ma testuale. Nel primo, pubblicato originalmente in «Museum Criticum» 18 (1983), pp. 229-231, l’Autore ha discusso anche alcuni altri passi catulliani.
[2] G. Giardina, Contributi di critica testuale: da Catullo alla Historia Augusta, Roma 2003, p. 5.
[3] Tutti i versi catulliani citati seguono R. A. B. Mynors (ed.), C. Valerii Catulli carmina, Oxonii 1958, 19602. Per la tradizione manoscritta ho consultato anche R. Ellis (ed.), Catulli Veronensis liber, Oxonii 1878; F. Della Corte (ed.), Catullo. Le poesie, Milano 1977, 2003 [10].
[4] G. Giardina, op. cit., p. 17.
[5] La congettura del Giardina è plausibile da diversi punti di vista: il senso di aufero si adegua perfettamente al contesto; la costruzione “aufero + acc. pers. + dat. pers.” è ben attestata; sul piano paleografico aufertis è spiegabile. L’unico particolare che non mi convince in modo completo è il tempo di aufertis, cioè il presente.
[6] Fra i verbi eliminati figuravano euello, auerto, reuello, aufero e aueho. Nel senso di “strappare” euello e auerto sembrano non reggere in modo spontaneo homines come oggetto. Reuello e aufero sono possibili per la sintassi, ma paleograficamente reuellistis e abstulistis sono ambedue remoti da auelte; in piú, con reuellistisavremmo una base giambi-ca, che non si verifica altrove nel c. 55, eccetto al v. 10 che inizia con un nome proprio Camerium. Auexistis (aueho) è poco probabile, perché 1) è difficile spiegare la corruzione auexistis ita > auelte sic; 2) non si attaglia l’uso di aueho con il dat. pers. (cfr. Thesaurus linguae Latinae, vol. ii, Lipsiae 1900-1906, coll. 1303-1304).
[7] R. Ellis ci ha fornito piú informazioni sulla tradizione manoscritta del v. 9: “A uelte ACGLLa2O Ah uel te hP Lachm. A uelite BHLa1Phillippenisi Ah uellite D Ah ut te a Audite d Auli te b” (R. Ellis, ed. cit., p. 79; per le sigle usate da Ellis vedi Prolegomena, pp. xlviii-liv). Non sono pochi gli studiosi che hanno già pensato di sanare il v. 9 con auello, ad esempio: auellite editio princeps, ed. 1475, Parthenius; sic auellitis Palladius; auelli sinite Avantius, Robertius, Statius; ah auellite Vossius; aullistis (= auellistis) Doederlinus; auellent Ellis; auelli Owen. S. Condorelli difende auelte (= auellite), traducendolo con “tiratemi fuori” (cfr. S. Condorelli, I due carmi a Camerio, «Helikon» 5 (1965), pp. 469-471; vedi anche G. Paduano - A. Grilli (edd.), Gaio Valerio Catullo. Le poesie, Torino 1997, 20043, p. 187). Altre congetture sono (lista non esauriente): has te sic tamen B. Guarinus; has te sic tantum Muretus; has uel te Scaliger, Vulpius, Doeringius, Silligius, Froehlichius; a (,)uel te Heinze, Mueller, Baehrens-Schulze, Friedrich, Lafaye, Lenchantin de Gubernatis; has ut te Froehlichius; at uel te Handius; aulum, te Heyse; a queis te Pohlius, Pleitnerus; aeger Peiperus; auens te Schwabe, Oksala; has uellens Schwabe; uultu uigili … / uisens te sic inde (uel lustrans te) Baehrens; ain? te sic usque Munro, Ellis; ‘auertistis’ saepe uel auens teque subinde Riese; “non est istic ipse?” f. Hermes; auersas Owen; puellae Birt, Giri; te auulsum Merrill; dum auertunt sese uel auertentes se Agar; ac te uel Klotz, Schuster - Eisen-hut; auete, et uel aue, te uel aue, et te Pighi; toruo uoltu etsi Wiman; te uel has Helm; has te sic ultro Bianco; iratus sic Williams, Khan; reddatis Foster; ‘a, cette hunc’ – sic ipse (siueusque) f. Camps; auersus Tromaras; aufertis Giardina, Goold; audite en (fort.) Thomson; efferte en Harrison; adferte huc Green.
[8] Per l’uso di ita in Catullo cfr. 61, 189 (ita Scaliger); 63, 44; 63, 49; 63, 77; 64, 84; 64, 315; 66, 18; 68, 37 e 75, 2.
[9] Per provare la probabilità di auello, non sarebbe assolutamente necessario trovare proprio gli esempi che abbiano sia acc. pers. che dat. pers. nella stessa frase.
[10] A. Ernout - A. Meillet, Dictionnaire étymologique de la langue latine: histoire des mots, Paris 1951[3], p. 1270.
[11] Cfr. 25, 2: medullula : medulla (G R m), 64, 313: pollice : police (V), 66, 24: sollicitae : solicitet (V), 70, 1: malle : male (O), 105, 2: furcillis : furcilis (G O), ecc.
[12] Cfr. 3, 11: tenebr<ic>osum, 12, 13: est <m>nemosynum, 63, 78: age ferox<i>, fac, 39, 9: est <te> mihi, 63, 74: sonitus <citus> abiit, 69, 3: non <si> illam, ecc.
[13] Cfr. 25, 5: ostendit : ostendet (V), 62, 3: pinguis : pingues (G R m), 63, 1: celeri : celere (V), 64, 136: mentis : mentes (V), ecc.
[14] Le erronee divisioni di parole – non di rado con scambi di lettere – sono numerose nei codici catulliani; cfr. 41, 1: Ameana : a me an a (V), 44, 19: Sesti recepso : sestire cepso (V), 46, 1: uer egelidos : uere gelidos(V), 55, 4: in Circo : idcirco (G R), 57, 5: nec eluentur : nece luentur (V), 72, 6 mi tamen es : ita me nec (V), 115, 7: ipsest : ipse si (V), ecc.
[15] F. Della Corte (ed.), Catullo. Poesie (= Oscar Mondadori: Classici Greci e Latini), Milano 1977, 1994, p. 76. Cfr. 11, 15: nuntiate : nunciare (O), 52, 3: uatinius : uacinius (G R), 61, 68: nitier : uicier (G R), ecc.
[16] Dell’autenticità di sic pochissimi studiosi hanno dubitato (cfr. supra la nota 7). Consi-derato da quasi tutti come intoccabile, sic potrebbe giustificare appunto l’occorrenza di ita
nella mia congettura.
[17] Le congetture di A. Riese e di T. L. Agar mi hanno fatto rivalutare la probabilità di auertistis ita. Per auertistis, il primo passo di corruzione sarebbe piú spiegabile: si tratte-rebbe di una aplografia auertis<tis> → auertis; per l’errore r > l cfr. 6, 8: fragrans : flagrans (V), 33, 4: uoraciore : uolantiore (G2 R2), 66, 83: colitis : queritis (R); 68, 144: fragrantem : flagrantem (V), e lo stesso errore nella tradizione properziana (cfr. G. Giardina, op. cit., p. 21). Non ho trovato una fonte in cui auerto, nel senso di “rubare”, regga acc. pers., però, non sarebbe assolutamente impossibile che il Poeta abbia usato creativamente auerto in questo passo. Su questo argomento mi piacerebbe sentire i chiarimenti degli studiosi. Per l’uso di auertoin Catullo cfr. 64, 5 e 64, 406.
[18] “Ragazzacce infami” è la vivace traduzione del Giardina (cfr. op. cit., p. 5).
Li Song-Yang
G. Giardina ha dedicato due scritti al v. Catull. 55, 9, e ambedue sono stati raccolti in una silloge intitolata Contributi di critica testuale: da Catullo alla Historia Augusta, Herder Editrice, Roma 2003 [1]. La lettura di questi articoli mi ha fornito una buona occasione di riflessioni sul c. 55, ispirandomi una nuova congettura per sanare “la crux più conclamata […] auelte” [2].
Anzitutto cito i vv. 6-10 del c. 55 [3]:
6 in Magni simul ambulatione
femellas omnes, amice, prendi,
quas uultu uidi tamen sereno.
9 † auelte †, sic ipse flagitabam,
10 Camerium mihi pessimae puellae.
Il Giardina, dopo aver analizzato il testo corrotto e gli emendamenti precedenti, pensa di dovere eliminare le congetture che presuppongono l’ellissi del verbo, per la sua “ferma convinzione che auelte contiene il verbo reggente l’acc. Cameriume il dat. mihi” [4] – convinzione che condivido senza riserve –. Avendo passato in rassegna diversi gruppi di verbi, il Giardina propone di leggere aufertis al posto del tràdito auelte [5]. Sedotto dal senso di aufero ben adeguato al contesto, ho concentrato l’attenzione sui verbi del gruppo di “portar via”, “strappare”, “rubare”, ecc., prima di scegliere auello fra tanti altri [6]. Presento subito la mia congettura:
v. 9: † auelte †, sic ipse flagitabam [7]
Congettura: auellistis, ita ipse flagitabam
Ramando a dopo l’analisi paleografica.
Metrica: il v. 9 da me emendato è un endecasillabo faleceo normale, essendo brevi il quarto e il quinto elemento; per la cesura latens dopo il sesto elemento cfr. il v. 3, 8: nec sese a gremio | illius mouebat; vedi anche il v. 41, 4, che inizia con dēcōctōrĭs ămica (cfr. āuēllīstĭs ĭta).
A questo punto invito a rivedere l’uso di auello in Catullo [8]:
62, 21: qui natam possis complexu auellere matris
62, 22: complexu matris renitentem auellere natam
Si vede che, sul piano di sintassi, i vv. 62, 21-22 attestano la costruzione “auello + acc. pers. + abl. rei” (però dietro complexus c’è mater); per l’uso di auello con il dat. pers. vedi Hor. Sat. 1, 2, 103-104: […] an tibi mauis / insidias fieri pretiumque auellier […], Curt. 5, 12, 8: amplectitur perfususque mutuis lacrimis inhaerentem sibi auelli iubet [9].
Nel confronto tra i vv. 62, 21-22 e il v. 55, 9 da me emendato, si osserva che: nel c. 62, le uirgines, tristi, accusano Hesperus perché una cara amica di loro perderà la verginità; nel c. 55, il Poeta, con il cuore spezzato da piú sentimenti, tutti distruttivi, interroga le femellae per ritrovare il suo caro amico già scomparso. Le uirgines rimproverano: Hespere, quis caelo fertur crudelior ignis? (v. 62, 20); il Poeta apostrofa le femellae come pessimae puellae: questi due brani sono assai comparabili. Auello deriva da uello che etimologica-mente significa “arracher, tirer violemment” [10]. Il senso di “strapare con violenza” – può essere una violenza psicologica, quindi invisibile, ma realmente sentita dal Poeta – andrebbe ancora meglio con ita e pessimae.
Se auellistis ita è probabile per la metrica, la sintassi e la semantica, occorre spiegarla adesso sul piano paleografico. Dunque, invito a osservare lo schema sottostante, che dimostra indicativamente l’ipotesi di genesi e di sviluppo della corruzione (le lettere fra parentesi saranno cadute, e le lettere in grassetto, mutate):
auel<l>istisita → auel<is> tisit<a> → aueltesit → auelte sic
La mia congettura, che a prima vista sembra forse molto invasiva, in realtà non sareb-be tale: ita non è una aggiunta; sic non è espunto e sostituito da ita (ita si nasconde parzial-mente sotto sic). Adesso spiego piú in dettaglio: la corruzione sarebbe iniziata con l’aplo-grafia -ll- > -l- [11], e peggiorata nella fase successiva dalla caduta del gruppo -is- e della a finale di ita, forse causata da un deterioramento materiale nell’archetipo [12]; in seguito,
si sarebbe commesso l’errore i> e, che è molto facile [13]. La caduta di a sarebbe decisiva per lo sviluppo della corruzione: senza a,it- sarebbe stato unito erroneamente con la s finale di auellistis, già corrotto in quel momento in ∗aueltes [14], visto che, 1) “l’alternan-za t/c è tipica della scrittura carolina” [15]; 2) sic si adegua perfettamente al contesto per il suo senso e si colloca benissimo al posto da esso occupato [16]; Concludendo, direi che, con le prime quattro lettere identiche auel- e gli errori spiegabili, sarebbe possibile la corruzione auellistis ita >auelte sic.
Infine invito a rileggere il v. 9 da me emendato – insieme con il v. 10 e la traduzione – , in una forma piú rispettosa nei confronti della tradizione manoscritta [17]:
“Auel<lis>tis, it<a> ipse flagitabam,
Camerium mihi, pessimae puellae?”
“ragazzacce infami, bramoso, in persona cosí chiedevo,
mi avete strapatto Camerio?” [18]
Note:
[1] I due articoli sono Nota a Catullo e Catullo 55, 9: un contributo alla soluzione del proble-ma testuale. Nel primo, pubblicato originalmente in «Museum Criticum» 18 (1983), pp. 229-231, l’Autore ha discusso anche alcuni altri passi catulliani.
[2] G. Giardina, Contributi di critica testuale: da Catullo alla Historia Augusta, Roma 2003, p. 5.
[3] Tutti i versi catulliani citati seguono R. A. B. Mynors (ed.), C. Valerii Catulli carmina, Oxonii 1958, 19602. Per la tradizione manoscritta ho consultato anche R. Ellis (ed.), Catulli Veronensis liber, Oxonii 1878; F. Della Corte (ed.), Catullo. Le poesie, Milano 1977, 2003 [10].
[4] G. Giardina, op. cit., p. 17.
[5] La congettura del Giardina è plausibile da diversi punti di vista: il senso di aufero si adegua perfettamente al contesto; la costruzione “aufero + acc. pers. + dat. pers.” è ben attestata; sul piano paleografico aufertis è spiegabile. L’unico particolare che non mi convince in modo completo è il tempo di aufertis, cioè il presente.
[6] Fra i verbi eliminati figuravano euello, auerto, reuello, aufero e aueho. Nel senso di “strappare” euello e auerto sembrano non reggere in modo spontaneo homines come oggetto. Reuello e aufero sono possibili per la sintassi, ma paleograficamente reuellistis e abstulistis sono ambedue remoti da auelte; in piú, con reuellistisavremmo una base giambi-ca, che non si verifica altrove nel c. 55, eccetto al v. 10 che inizia con un nome proprio Camerium. Auexistis (aueho) è poco probabile, perché 1) è difficile spiegare la corruzione auexistis ita > auelte sic; 2) non si attaglia l’uso di aueho con il dat. pers. (cfr. Thesaurus linguae Latinae, vol. ii, Lipsiae 1900-1906, coll. 1303-1304).
[7] R. Ellis ci ha fornito piú informazioni sulla tradizione manoscritta del v. 9: “A uelte ACGLLa2O Ah uel te hP Lachm. A uelite BHLa1Phillippenisi Ah uellite D Ah ut te a Audite d Auli te b” (R. Ellis, ed. cit., p. 79; per le sigle usate da Ellis vedi Prolegomena, pp. xlviii-liv). Non sono pochi gli studiosi che hanno già pensato di sanare il v. 9 con auello, ad esempio: auellite editio princeps, ed. 1475, Parthenius; sic auellitis Palladius; auelli sinite Avantius, Robertius, Statius; ah auellite Vossius; aullistis (= auellistis) Doederlinus; auellent Ellis; auelli Owen. S. Condorelli difende auelte (= auellite), traducendolo con “tiratemi fuori” (cfr. S. Condorelli, I due carmi a Camerio, «Helikon» 5 (1965), pp. 469-471; vedi anche G. Paduano - A. Grilli (edd.), Gaio Valerio Catullo. Le poesie, Torino 1997, 20043, p. 187). Altre congetture sono (lista non esauriente): has te sic tamen B. Guarinus; has te sic tantum Muretus; has uel te Scaliger, Vulpius, Doeringius, Silligius, Froehlichius; a (,)uel te Heinze, Mueller, Baehrens-Schulze, Friedrich, Lafaye, Lenchantin de Gubernatis; has ut te Froehlichius; at uel te Handius; aulum, te Heyse; a queis te Pohlius, Pleitnerus; aeger Peiperus; auens te Schwabe, Oksala; has uellens Schwabe; uultu uigili … / uisens te sic inde (uel lustrans te) Baehrens; ain? te sic usque Munro, Ellis; ‘auertistis’ saepe uel auens teque subinde Riese; “non est istic ipse?” f. Hermes; auersas Owen; puellae Birt, Giri; te auulsum Merrill; dum auertunt sese uel auertentes se Agar; ac te uel Klotz, Schuster - Eisen-hut; auete, et uel aue, te uel aue, et te Pighi; toruo uoltu etsi Wiman; te uel has Helm; has te sic ultro Bianco; iratus sic Williams, Khan; reddatis Foster; ‘a, cette hunc’ – sic ipse (siueusque) f. Camps; auersus Tromaras; aufertis Giardina, Goold; audite en (fort.) Thomson; efferte en Harrison; adferte huc Green.
[8] Per l’uso di ita in Catullo cfr. 61, 189 (ita Scaliger); 63, 44; 63, 49; 63, 77; 64, 84; 64, 315; 66, 18; 68, 37 e 75, 2.
[9] Per provare la probabilità di auello, non sarebbe assolutamente necessario trovare proprio gli esempi che abbiano sia acc. pers. che dat. pers. nella stessa frase.
[10] A. Ernout - A. Meillet, Dictionnaire étymologique de la langue latine: histoire des mots, Paris 1951[3], p. 1270.
[11] Cfr. 25, 2: medullula : medulla (G R m), 64, 313: pollice : police (V), 66, 24: sollicitae : solicitet (V), 70, 1: malle : male (O), 105, 2: furcillis : furcilis (G O), ecc.
[12] Cfr. 3, 11: tenebr<ic>osum, 12, 13: est <m>nemosynum, 63, 78: age ferox<i>, fac, 39, 9: est <te> mihi, 63, 74: sonitus <citus> abiit, 69, 3: non <si> illam, ecc.
[13] Cfr. 25, 5: ostendit : ostendet (V), 62, 3: pinguis : pingues (G R m), 63, 1: celeri : celere (V), 64, 136: mentis : mentes (V), ecc.
[14] Le erronee divisioni di parole – non di rado con scambi di lettere – sono numerose nei codici catulliani; cfr. 41, 1: Ameana : a me an a (V), 44, 19: Sesti recepso : sestire cepso (V), 46, 1: uer egelidos : uere gelidos(V), 55, 4: in Circo : idcirco (G R), 57, 5: nec eluentur : nece luentur (V), 72, 6 mi tamen es : ita me nec (V), 115, 7: ipsest : ipse si (V), ecc.
[15] F. Della Corte (ed.), Catullo. Poesie (= Oscar Mondadori: Classici Greci e Latini), Milano 1977, 1994, p. 76. Cfr. 11, 15: nuntiate : nunciare (O), 52, 3: uatinius : uacinius (G R), 61, 68: nitier : uicier (G R), ecc.
[16] Dell’autenticità di sic pochissimi studiosi hanno dubitato (cfr. supra la nota 7). Consi-derato da quasi tutti come intoccabile, sic potrebbe giustificare appunto l’occorrenza di ita
nella mia congettura.
[17] Le congetture di A. Riese e di T. L. Agar mi hanno fatto rivalutare la probabilità di auertistis ita. Per auertistis, il primo passo di corruzione sarebbe piú spiegabile: si tratte-rebbe di una aplografia auertis<tis> → auertis; per l’errore r > l cfr. 6, 8: fragrans : flagrans (V), 33, 4: uoraciore : uolantiore (G2 R2), 66, 83: colitis : queritis (R); 68, 144: fragrantem : flagrantem (V), e lo stesso errore nella tradizione properziana (cfr. G. Giardina, op. cit., p. 21). Non ho trovato una fonte in cui auerto, nel senso di “rubare”, regga acc. pers., però, non sarebbe assolutamente impossibile che il Poeta abbia usato creativamente auerto in questo passo. Su questo argomento mi piacerebbe sentire i chiarimenti degli studiosi. Per l’uso di auertoin Catullo cfr. 64, 5 e 64, 406.
[18] “Ragazzacce infami” è la vivace traduzione del Giardina (cfr. op. cit., p. 5).
Li Song-Yang