Nota a Catullo 68, 157
(Maia, 62 (2010): pp. 53-56)
155 sitis felices et tu simul et tua uita,
et domus <ipsa> in qua lusimus et domina,
157 et qui principio nobis † terram dedit aufert †,
a quo sunt primo omnia nata bona,
et longe ante omnes mihi quae me carior ipso est,
160 lux mea, qua uiua uiuere dulce mihi est. [1]
Il verso desperatissimus non è ancora sanato [2]; considerando solo aufert corrotto [3], proponiamo una nuova congettura:
et qui principio nobis terram dedit auctam
L’uso di augeo in Catullo è attestato dai vv. 64, 25: teque adeo eximie taedis felicibus aucte; 64, 165: externata malo, quae nullis sensibus auctae; 64, 323: o decus eximium magnis uirtutibus augens; 66, 11: qua rex tempestate nouo auctus hymenaeo. Sono notevoli sia la posizione di augeo nei primi tre versi, sia l’uso frequente dei participi, che hanno tutti il valore congiunto, proprio come auctam nel v. 157 da noi emendato (un esempio tipico: hostes urbem captam incenderunt) [4]. Un passo paragonabile nel Liber lo possiamo trovare nei vv. 1, 1-2: cui dono lepidum nouum libellum / arida modo pumice expolitum? In questa frase expolitum si usa come aggettivo; però, compiuta l’azione donare, si potrà dire tran-quillamente: Catullus Cornelio libellum expolitum donauit [5].
La congettura auctam è metricamente ineccepibile, sintatticamente perfetta. Adesso ci impegniamo a dimostrare la sua probabilità sul piano di semantica.
Il v. 157 da noi emendato si traduce letteralmente come segue: “e colui che all’inizio ci accrebbe la terra e ce la diede”. In questo verso vediamo anche noi un ritorno alle immagini del naufragio [6]. Innanzitutto citiamo due traduzioni moderne: “qui […] m’a permis d’aborder au rivage” [7]; “e colui che […] mi fece approdare a riva” [8]. I due traduttori hanno interpretato genialmente il senso di nobis terram dedit: (colui che) ci diede la terra di salvezza. La parola auctam può rendere ancora più percepibile l’immagine di fare approdare a riva”. Adesso diamo una esegesi letteraria più in dettaglio : 1) auctam potrebbe farci capire meglio la situazione disperata in cui si trovava Catullo, poiché soltanto quan-do uno è molto lontano dalla riva può, avvicinandosi, vedere “crescere” la terra sensibil-mente; 2) con auctam Catullo avrebbe voluto descrivere, in un linguaggio poetico, le sue azioni psicologiche del momento: il Poeta naufrago si sente realmente di più ed in più sicuro della sua salvezza, vedendo “crescere” la terra davanti ai suoi occhi; 3) auctam potrebbe mettere in rilievo la sincerità dell’amico di Catullo: un naufrago non sarà vera-mente salvato soltanto quando raggiungerà la terra (il vederla da lontano non conta nulla); il protettore misterioso del Poeta non gli ha dato una promessa falsa, un miraggio illusorio ed irraggiungibile, ma un aiuto concreto, una terra vera — gliela diede dopo averla “accresciuta”, cioè dopo aver fatto veramente approdare a riva e salire sulla terra il Poeta. Il concetto astratto di “salvare” si è trasformato in una vivacissima immagine poetica con nobis terram dedit auctam.
Riportiamo due testi antichi a sostegno della nostra congettura:
Cic. nat. d. II 39, 101: aer […] tum autem concretus in nubes cogitur umoremque
colligens terram augetimbribus […].
Procul. dig. XLI 1, 56: Insulaest enata in flumine contra frontem agri mei, ita ut
nihil excederet longitudo regionem praedii mei: postea aucta est paulatim et processit
contra frontes et superioris uicini et inferioris. [9]
Il testo filosofico di Cicerone e l’epistula di Proculus Licinius non hanno niente di paragonabile con la poesia catulliana, tuttavia, è molto interessante per la nostra discus-sione la testimonianza dei due nessi terram auget einsula aucta est. Il famoso giurista Proculus visse nella prima metà del I secolo d. C., cioè, rispetto a Marziale, fu più vicino all’epoca di Catullo.
La corruzione da auctamad aufert è più che possibile: nei codici catulliani non manca-no altri esempi della caduta della c davanti alla t [10]; la t si sarebbe corrotta prima in s, e poi in f [11]; l’alternanza a / e è fra gli errori più banali; facile anche la mutazione dalla m a -rt [12].
La congettura di G. Friedrich (audens) ci ha fatto riflettere anche sulla probabilità di augens:
et qui principio nobis terram dedit augens
Cioè, “e colui che all’inizio, accrescendo la terra di salvezza, ce la diede”. Sul piano paleografico augens sarebbe spiegabile. Però, le due azioniaugere e dare — sempre nella parabola del naufragio, ovviamente — dovrebbero essere non contemporanee, ma successive, perciò augens ci sembra difficile da difendere. Meno improbabile sarebbe auctis:
et qui principio nobis terram dedit auctis
Il significato di auctis, a nostro giudizio, non sarebbe tanto forzato: “e colui che all’inizio ci ha innalzato — ci ha tirato su dall’acqua del mare in tempesta — e ci ha dato in
seguito la terra di salvezza”.
Auctam, la prima congettura che abbiamo fatto per sanare il v. 157, è la nostra prefe-rita, non solo per i motivi puramente filologici, ma anche e soprattutto per il suo valore poetico. Tuttavia, abbiamo deciso di presentare alla critica anche auctis e augens, con l’intenzione di stimolare il dibattito su un verso così problematico e già tanto discusso.
Appendice
Bibliografia sull'argomento
Agar, T. L., Emendationes Catulli, «Mnemosyne» 53 (1925), pp. 273-282.
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Allen, A., Domus data ablataque: Catullus 68, 157,«Quaderni Urbinati di cultura classica» 37 (1991), pp. 101-106.
Bardon, H., Propositions sur Catulle, Bruxelles 1970.
Bright, D. F., Confectum carmine munus: Catullus 68, «Illinois classical studies» 1 (1976), pp. 86-112.
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Capponi, F., Note filologiche, «Quaderni di cultura e di tradizione classica» 2-3 (1984-1985), pp. 17-34.
Cremona, V., Il carme 68 di Catullo «carmen dupliciter duplex», «Aevum» 41 (1967), pp. 246-279.
Dee, J. H., Catullus 68. 155-160: an observation, «Classical world» 73 (1979-1980), p. 420.
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Della Corte, F. (ed.), Catullo. Le poesie, [Milano] 2003 [1977].
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Frank, T., Notes on Catullus, «Classical quarterly» 20 (1926), pp. 201-203.
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Herzog, R., Catulliana, «Hermes» 71 (1936), pp. 338-350.
Janzon, E., Ad Catullum, «Hermes» 27 (1892), pp. 315-317.
Kinsey, T. E., Some problems in Catullus 68, «Latomus» 26 (1967), pp. 35-53.
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Lenel, O. (ed.), Palingenesia iuris ciuilis, Lipsiae 1889 [rist. Roma 2000].
Macleod, C. W., A use of myth in ancient poetry, «Classical quarterly» 24 (1974), pp. 82-93.
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Mynors, R. A. B. (ed.), C. Valerii Catulli carmina, Oxonii 1958.
Natoli, G.,La chiave del carme LXVIII di Catullo?,«Il mondo classico» suppl. 8 (1938), pp. 21-26.
Papanghelis, T. D., A note on Catullus 68, 156-157,«Quaderni Urbinati di cultura classica» 11 (1982), pp. 139-149.
Pennisi, G., Il carme 68 di Catullo, «Emerita»27 (1959), pp. 89-109, 213-238.
Perrotta, G., L’elegia di Catullo ad Allio, «Atene e Roma» 8 (1927), pp. 134-151.
Pighi, G. B., Emendationes Catullianae, «Rheinisches Museum für Philologie» 94 (1951), pp. 42-45.
Ramírez de Verger, A., Five critical notes on Catullus, «Exemplaria classica» 8 (2004), pp. 39-48.
Richmond, O. L., Mulier aries, and other cruces in Catullus, «Classical quarterly» 13 (1919), pp. 134-140.
Sarkissian, J., Catullus 68: an interpretation, Leiden 1983.
Silva, A. da, Sur Catulle, LXVIIIb, 117 (157), «Revue de Philologie» 4 (1930), pp. 266-267.
Thomson, D. F. S., Interpretation of Catullus, I., «Phoenix»11 (1957), pp. 121-124.
Trappes-Lomax, J. M., Catullus: a textual reappraisal, Swansea 2007.
Viejo Otero, E. B., Sobre la unidad del c. LXVIII de Catulo, «Emerita» 11 (1943), pp. 123-133.
Walter,F., Zu einigen Dichterstellen, «Philologische Wochenschrift» 60 (1940), col. 476.
Westphal, R., Catull’s Gedichte, Breslau 1870[2].
Wetmore, M. N., Index uerborum Catullianus, New Haven 1912.
Wiseman, T. P., Catullus 68.157, «Classical review» 24 (1974), pp. 6-7.
Note:
[1] Il testo catulliano segue sempre R. A. B. Mynors (ed.), C. Valerii Catulli carmina, Oxonii 1958. Per la verifica della tradizione manoscritta abbiamo consultato anche F. Della Corte (ed.), Catullo. Le poesie, [Milano] 2003 [1977].
[2] Dopo una minuziosa indagine sullo status quaestionis, riportiamo qui le correzioni precedenti (lista non esauriente), in un ordine cronologico più esatto possibile: terram dedit atque βParthenius t. d. a quo / sunt primo <nobis> omniaPalladius dominam dedit, a quo / sunt primo <nobis> omnia Auantius (Muretus) teneram dedit ac fert (uel Afer) Statius te trandedit Ufens (uel oufens) Scaliger te transdedit auspex Lipsius (et quae [sc. domus] principio nobis t. d. auspex Paliotti, Cantarella; t. d. auspex Thomson [olim], Oksala, Della Corte) t. d., auctore β Vossius (Vulpius) te tradidit, a quo / sunt primo <nobis> omnia Passeratius (Vulpius, Doering, Mitscherlichius) t. d., ubertim Wetsteniust. d., offert Corradini de Allio te transdedit, Anser Heinsius (Heyse; t. d. Anser Lafaye) uobis me tradidit, auctore Fröhlich t. d. auctor Rossbach [157-158 post 154 transposuit] (Westphal) nobismet eram dedit aufert Schwabius rem condidit Anser Ellis te tradidit Anser Mueller (Benoist - Thomas - Rostand, Pascal) curam dedit AnserBaehrens taedam dedit Anser Baehrens dextram dedit hospes Ellis (t. d., <hospes> Bardon) te et eram dedit Afer Munro (t. d. Afer [sc. Caelius Rufus] Frank) taedam dedit haustis Baehrens (t. d. haustis Weinreich, Herzog, Schuster-Eisenhut) t. d., Aafer Schmidtet qui quam primo nobis t. d. aufert Schmidtquae tradidit aufert Owen dum qui [sc. Iuppiter] principio nobis t. d. aufert Vahlen (Janzon [157-158 post 152 transposuit; Iouem autem ita designari suspicatur]) t. d. audens Friedrich t. d. Auster Richmond t. d. Ufen Cornish t. d. absens Merrill ter eram dat et aufert Agar et qui [sc. Iuppiter] principio nobis se et eram dedit, a quo / sunt primo <nobis> omnia Perrotta terram dat et aufert Lenchantin (Pennisi [qui = Iuppiter; 157-158 post 154 transposuit], Dolç, Gamo, Ramírez de Verger) t. d. antest [sc. ante est] Silva t. d. alter [sc. Manlius] Natoli t. d. ac uer Walter terram dedis Allius Viejo Otero te, era, dedit et aufert Johnson t. d. (aufert / nunc), a quo Pighi se era dedit et infert / a qua Ferrero t. d. auger [sc. augur] Herrmann en qui principio nobis t. d. aufert Vretska [157-158 post 140 transposuit] te tradidit auspex Cremona (Goold) erat omnia frater / a quo sunt primo dulcia Kinsey uobis me tradidit † aufert † Wiseman terram edere fertur Macleod uobis et eram dat et aufert, / a quo sunt nobis omnia [fort.] Bright errorem etiam aufert Papanghelis <u>t eram dedit aufert Capponi operam dedit, auctor Allen et domus ista in qua lusimus et domina, / et qui principio nobis nostram dedit, aufert Allennobis et eram dat et aufert Seva † aufert terram dedit Viarre uobis me tradidit Alli Green, te tradidit, Alli Trappes-Lomax.
[3] Seguiamo in effetti Parthenius, Palladius, Vossius, Wetstenius, Corradini de Allio, Rossbach, Schmidt, Paliotti, Cantarella, Friedrich, Richmond, Cornish, Merrill, Lafaye, Frank, Weinreich, Silva, Herzog, Natoli, Walter, Herrmann, Schuster-Eisenhut, Oksala, Bardon e Della Corte.
[4] Cfr. Liu. XXII 20, 4; Tac. ann. XV 41, 2.
[5] Vedi anche i vv. 145-146 dello stesso carme 68: sed furtiua dedit mira munuscula nocte, / ipsius ex ipso demptauiri gremio.
[6] Cfr. V. Cremona, Il carme 68 di Catullo «carmen dupliciter duplex», «Aevum» 41 (1967), pp. 259-260; H. Bardon, Propositions sur Catulle, Bruxelles 1970, pp. 59-60; F. Della Corte, ed. cit., p. 335.
[7] G. Lafaye (ed.), Catulle. Poésies, édition revue par M. Duchemin, Paris 1949 [1922], p. 81.
[8] F. Della Corte, ed. cit.,p. 185.
[9] Il testo segue O. Lenel (ed.), Palingenesia iuris ciuilis, Lipsiae 1889 [rist. Roma 2000], vol. II, col. 165.
[10] Cfr. 10, 16: lecticam : leticam (O R) leticiam (G); 23, 10: facta : fata (G2); 30, 4: facta : fata (R); 64, 204: inuicto : inuito
(V).
[11] Per la confusione fra t e s cfr. 7, 4: iacet : iaces (O); 68, 2: mittis : mittit (G R); 68, 10: petis : petit (G); 88, 1: facit : facis (R); 114, 1: mentula : mensula (V), ecc. Per l’alternanza s / f vedi 10, 27: deferri : deserti (V); 14, 16: false : salse (G); 30, 10 : sinis : finis (O); 44, 10: sestianus :festianus (O); 68, 79: desideret : deficeret (V); 74, 1: solere : flere (V); 88, 1: sorore : furore (R), ecc. Cfr. anche le congetture Anser di N. Heinsius, auctore di J. G. Fröhlich, auctor di A. Rossbach e di A. Allen.
[12] Per gli errori simili cfr. 23, 9: ruinas: minas (O R); 29, 4: uncti : cum te (V); 61, 189 iuuent : iuuenem (V); 99, 1: surripui : surmpuit (O); 102, 1: amico : antiquo (V); 116, 3: lenirem : leniret (O R); 64, 56: tum : tunc (O); 64, 143: nunc : tum (V), ecc. La confusione fra t e c è facile; cfr. 33, 8: uenditare : uendicare (V); 52, 3: uatinius : uacinius (G R); 61, 12: concinens : continens (V); 61, 68: nitier : uicier (G R); 66, 45: cum : tum (V); 68, 114: perculit : pertulit (V), ecc.
Li Song-Yang
155 sitis felices et tu simul et tua uita,
et domus <ipsa> in qua lusimus et domina,
157 et qui principio nobis † terram dedit aufert †,
a quo sunt primo omnia nata bona,
et longe ante omnes mihi quae me carior ipso est,
160 lux mea, qua uiua uiuere dulce mihi est. [1]
Il verso desperatissimus non è ancora sanato [2]; considerando solo aufert corrotto [3], proponiamo una nuova congettura:
et qui principio nobis terram dedit auctam
L’uso di augeo in Catullo è attestato dai vv. 64, 25: teque adeo eximie taedis felicibus aucte; 64, 165: externata malo, quae nullis sensibus auctae; 64, 323: o decus eximium magnis uirtutibus augens; 66, 11: qua rex tempestate nouo auctus hymenaeo. Sono notevoli sia la posizione di augeo nei primi tre versi, sia l’uso frequente dei participi, che hanno tutti il valore congiunto, proprio come auctam nel v. 157 da noi emendato (un esempio tipico: hostes urbem captam incenderunt) [4]. Un passo paragonabile nel Liber lo possiamo trovare nei vv. 1, 1-2: cui dono lepidum nouum libellum / arida modo pumice expolitum? In questa frase expolitum si usa come aggettivo; però, compiuta l’azione donare, si potrà dire tran-quillamente: Catullus Cornelio libellum expolitum donauit [5].
La congettura auctam è metricamente ineccepibile, sintatticamente perfetta. Adesso ci impegniamo a dimostrare la sua probabilità sul piano di semantica.
Il v. 157 da noi emendato si traduce letteralmente come segue: “e colui che all’inizio ci accrebbe la terra e ce la diede”. In questo verso vediamo anche noi un ritorno alle immagini del naufragio [6]. Innanzitutto citiamo due traduzioni moderne: “qui […] m’a permis d’aborder au rivage” [7]; “e colui che […] mi fece approdare a riva” [8]. I due traduttori hanno interpretato genialmente il senso di nobis terram dedit: (colui che) ci diede la terra di salvezza. La parola auctam può rendere ancora più percepibile l’immagine di fare approdare a riva”. Adesso diamo una esegesi letteraria più in dettaglio : 1) auctam potrebbe farci capire meglio la situazione disperata in cui si trovava Catullo, poiché soltanto quan-do uno è molto lontano dalla riva può, avvicinandosi, vedere “crescere” la terra sensibil-mente; 2) con auctam Catullo avrebbe voluto descrivere, in un linguaggio poetico, le sue azioni psicologiche del momento: il Poeta naufrago si sente realmente di più ed in più sicuro della sua salvezza, vedendo “crescere” la terra davanti ai suoi occhi; 3) auctam potrebbe mettere in rilievo la sincerità dell’amico di Catullo: un naufrago non sarà vera-mente salvato soltanto quando raggiungerà la terra (il vederla da lontano non conta nulla); il protettore misterioso del Poeta non gli ha dato una promessa falsa, un miraggio illusorio ed irraggiungibile, ma un aiuto concreto, una terra vera — gliela diede dopo averla “accresciuta”, cioè dopo aver fatto veramente approdare a riva e salire sulla terra il Poeta. Il concetto astratto di “salvare” si è trasformato in una vivacissima immagine poetica con nobis terram dedit auctam.
Riportiamo due testi antichi a sostegno della nostra congettura:
Cic. nat. d. II 39, 101: aer […] tum autem concretus in nubes cogitur umoremque
colligens terram augetimbribus […].
Procul. dig. XLI 1, 56: Insulaest enata in flumine contra frontem agri mei, ita ut
nihil excederet longitudo regionem praedii mei: postea aucta est paulatim et processit
contra frontes et superioris uicini et inferioris. [9]
Il testo filosofico di Cicerone e l’epistula di Proculus Licinius non hanno niente di paragonabile con la poesia catulliana, tuttavia, è molto interessante per la nostra discus-sione la testimonianza dei due nessi terram auget einsula aucta est. Il famoso giurista Proculus visse nella prima metà del I secolo d. C., cioè, rispetto a Marziale, fu più vicino all’epoca di Catullo.
La corruzione da auctamad aufert è più che possibile: nei codici catulliani non manca-no altri esempi della caduta della c davanti alla t [10]; la t si sarebbe corrotta prima in s, e poi in f [11]; l’alternanza a / e è fra gli errori più banali; facile anche la mutazione dalla m a -rt [12].
La congettura di G. Friedrich (audens) ci ha fatto riflettere anche sulla probabilità di augens:
et qui principio nobis terram dedit augens
Cioè, “e colui che all’inizio, accrescendo la terra di salvezza, ce la diede”. Sul piano paleografico augens sarebbe spiegabile. Però, le due azioniaugere e dare — sempre nella parabola del naufragio, ovviamente — dovrebbero essere non contemporanee, ma successive, perciò augens ci sembra difficile da difendere. Meno improbabile sarebbe auctis:
et qui principio nobis terram dedit auctis
Il significato di auctis, a nostro giudizio, non sarebbe tanto forzato: “e colui che all’inizio ci ha innalzato — ci ha tirato su dall’acqua del mare in tempesta — e ci ha dato in
seguito la terra di salvezza”.
Auctam, la prima congettura che abbiamo fatto per sanare il v. 157, è la nostra prefe-rita, non solo per i motivi puramente filologici, ma anche e soprattutto per il suo valore poetico. Tuttavia, abbiamo deciso di presentare alla critica anche auctis e augens, con l’intenzione di stimolare il dibattito su un verso così problematico e già tanto discusso.
Appendice
Bibliografia sull'argomento
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Papanghelis, T. D., A note on Catullus 68, 156-157,«Quaderni Urbinati di cultura classica» 11 (1982), pp. 139-149.
Pennisi, G., Il carme 68 di Catullo, «Emerita»27 (1959), pp. 89-109, 213-238.
Perrotta, G., L’elegia di Catullo ad Allio, «Atene e Roma» 8 (1927), pp. 134-151.
Pighi, G. B., Emendationes Catullianae, «Rheinisches Museum für Philologie» 94 (1951), pp. 42-45.
Ramírez de Verger, A., Five critical notes on Catullus, «Exemplaria classica» 8 (2004), pp. 39-48.
Richmond, O. L., Mulier aries, and other cruces in Catullus, «Classical quarterly» 13 (1919), pp. 134-140.
Sarkissian, J., Catullus 68: an interpretation, Leiden 1983.
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Trappes-Lomax, J. M., Catullus: a textual reappraisal, Swansea 2007.
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Wiseman, T. P., Catullus 68.157, «Classical review» 24 (1974), pp. 6-7.
Note:
[1] Il testo catulliano segue sempre R. A. B. Mynors (ed.), C. Valerii Catulli carmina, Oxonii 1958. Per la verifica della tradizione manoscritta abbiamo consultato anche F. Della Corte (ed.), Catullo. Le poesie, [Milano] 2003 [1977].
[2] Dopo una minuziosa indagine sullo status quaestionis, riportiamo qui le correzioni precedenti (lista non esauriente), in un ordine cronologico più esatto possibile: terram dedit atque βParthenius t. d. a quo / sunt primo <nobis> omniaPalladius dominam dedit, a quo / sunt primo <nobis> omnia Auantius (Muretus) teneram dedit ac fert (uel Afer) Statius te trandedit Ufens (uel oufens) Scaliger te transdedit auspex Lipsius (et quae [sc. domus] principio nobis t. d. auspex Paliotti, Cantarella; t. d. auspex Thomson [olim], Oksala, Della Corte) t. d., auctore β Vossius (Vulpius) te tradidit, a quo / sunt primo <nobis> omnia Passeratius (Vulpius, Doering, Mitscherlichius) t. d., ubertim Wetsteniust. d., offert Corradini de Allio te transdedit, Anser Heinsius (Heyse; t. d. Anser Lafaye) uobis me tradidit, auctore Fröhlich t. d. auctor Rossbach [157-158 post 154 transposuit] (Westphal) nobismet eram dedit aufert Schwabius rem condidit Anser Ellis te tradidit Anser Mueller (Benoist - Thomas - Rostand, Pascal) curam dedit AnserBaehrens taedam dedit Anser Baehrens dextram dedit hospes Ellis (t. d., <hospes> Bardon) te et eram dedit Afer Munro (t. d. Afer [sc. Caelius Rufus] Frank) taedam dedit haustis Baehrens (t. d. haustis Weinreich, Herzog, Schuster-Eisenhut) t. d., Aafer Schmidtet qui quam primo nobis t. d. aufert Schmidtquae tradidit aufert Owen dum qui [sc. Iuppiter] principio nobis t. d. aufert Vahlen (Janzon [157-158 post 152 transposuit; Iouem autem ita designari suspicatur]) t. d. audens Friedrich t. d. Auster Richmond t. d. Ufen Cornish t. d. absens Merrill ter eram dat et aufert Agar et qui [sc. Iuppiter] principio nobis se et eram dedit, a quo / sunt primo <nobis> omnia Perrotta terram dat et aufert Lenchantin (Pennisi [qui = Iuppiter; 157-158 post 154 transposuit], Dolç, Gamo, Ramírez de Verger) t. d. antest [sc. ante est] Silva t. d. alter [sc. Manlius] Natoli t. d. ac uer Walter terram dedis Allius Viejo Otero te, era, dedit et aufert Johnson t. d. (aufert / nunc), a quo Pighi se era dedit et infert / a qua Ferrero t. d. auger [sc. augur] Herrmann en qui principio nobis t. d. aufert Vretska [157-158 post 140 transposuit] te tradidit auspex Cremona (Goold) erat omnia frater / a quo sunt primo dulcia Kinsey uobis me tradidit † aufert † Wiseman terram edere fertur Macleod uobis et eram dat et aufert, / a quo sunt nobis omnia [fort.] Bright errorem etiam aufert Papanghelis <u>t eram dedit aufert Capponi operam dedit, auctor Allen et domus ista in qua lusimus et domina, / et qui principio nobis nostram dedit, aufert Allennobis et eram dat et aufert Seva † aufert terram dedit Viarre uobis me tradidit Alli Green, te tradidit, Alli Trappes-Lomax.
[3] Seguiamo in effetti Parthenius, Palladius, Vossius, Wetstenius, Corradini de Allio, Rossbach, Schmidt, Paliotti, Cantarella, Friedrich, Richmond, Cornish, Merrill, Lafaye, Frank, Weinreich, Silva, Herzog, Natoli, Walter, Herrmann, Schuster-Eisenhut, Oksala, Bardon e Della Corte.
[4] Cfr. Liu. XXII 20, 4; Tac. ann. XV 41, 2.
[5] Vedi anche i vv. 145-146 dello stesso carme 68: sed furtiua dedit mira munuscula nocte, / ipsius ex ipso demptauiri gremio.
[6] Cfr. V. Cremona, Il carme 68 di Catullo «carmen dupliciter duplex», «Aevum» 41 (1967), pp. 259-260; H. Bardon, Propositions sur Catulle, Bruxelles 1970, pp. 59-60; F. Della Corte, ed. cit., p. 335.
[7] G. Lafaye (ed.), Catulle. Poésies, édition revue par M. Duchemin, Paris 1949 [1922], p. 81.
[8] F. Della Corte, ed. cit.,p. 185.
[9] Il testo segue O. Lenel (ed.), Palingenesia iuris ciuilis, Lipsiae 1889 [rist. Roma 2000], vol. II, col. 165.
[10] Cfr. 10, 16: lecticam : leticam (O R) leticiam (G); 23, 10: facta : fata (G2); 30, 4: facta : fata (R); 64, 204: inuicto : inuito
(V).
[11] Per la confusione fra t e s cfr. 7, 4: iacet : iaces (O); 68, 2: mittis : mittit (G R); 68, 10: petis : petit (G); 88, 1: facit : facis (R); 114, 1: mentula : mensula (V), ecc. Per l’alternanza s / f vedi 10, 27: deferri : deserti (V); 14, 16: false : salse (G); 30, 10 : sinis : finis (O); 44, 10: sestianus :festianus (O); 68, 79: desideret : deficeret (V); 74, 1: solere : flere (V); 88, 1: sorore : furore (R), ecc. Cfr. anche le congetture Anser di N. Heinsius, auctore di J. G. Fröhlich, auctor di A. Rossbach e di A. Allen.
[12] Per gli errori simili cfr. 23, 9: ruinas: minas (O R); 29, 4: uncti : cum te (V); 61, 189 iuuent : iuuenem (V); 99, 1: surripui : surmpuit (O); 102, 1: amico : antiquo (V); 116, 3: lenirem : leniret (O R); 64, 56: tum : tunc (O); 64, 143: nunc : tum (V), ecc. La confusione fra t e c è facile; cfr. 33, 8: uenditare : uendicare (V); 52, 3: uatinius : uacinius (G R); 61, 12: concinens : continens (V); 61, 68: nitier : uicier (G R); 66, 45: cum : tum (V); 68, 114: perculit : pertulit (V), ecc.
Li Song-Yang